lunedì 22 marzo 2021

Giovanni Santolini: dare speranza


 Il 23 marzo 1997 era la Domenica delle Palme. Un incidente e p. Giovanni Santolini entrò con il Signore nella Gerusalemme celeste, cantando: “Osanna al figlio di David”.

Pochi giorni prima scrisse una lettera alla famiglia. Da allora nulla è cambiato, avrebbe potuto scriverla ieri… Ma come allora Giovanni continua a seminare speranza.


Qui in Zaire siamo sempre in una situazione di grande miseria a tutti i livelli e quello che corrode di più è il clima di insicurezza e di mancanza di avvenire che si respira. Si vive veramente alla giornata, non sapendo quello che si farà domani, che cosa si mangerà, come si potrà vivere e che cosa succederà. Purtroppo la gente non ha più futuro, nel senso che veramente la situazione è talmente incerta che: “Intanto cerchiamo di vivere oggi”. 

Quello che io cerco di fare e che mi sono prefisso come compito in questo momento è di dare speranza. Credo che sia importante per qualcuno che non ha futuro, che deve combattere ogni giorno per arrivare a mettere qualcosa nello stomaco, che vede i suoi figli e la sua famiglia disgregarsi e spegnersi nel vuoto..., credo che sia importante avere una speranza che questa situazione non durerà all’infinito. Avere la certezza che ci sarà un cielo sereno, un sorriso sincero che può sbocciare sulle labbra di chi ami, la certezza che esiste un mondo nel quale puoi fare dei programmi e realizzarli, puoi veder crescere quello che hai seminato senza che sia distrutto e rubato ogni volta. Ecco quello che cerco di fare, ecco il senso della mia presenza qui in questi momenti. 


Se dovessi partire, se dovessi dare ascolto alla paura che c’è in me, sarebbe come se tirassi una tenda sulla finestrella che Dio vuole aprire e negassi il misero raggio di speranza che passa attraverso la mia piccola presenza. 
Ma anche voi siete importanti, prima di tutto per me per sostenermi, perché il fatto che ci siete e mi volete bene, mi dà la forza di superare lo scoraggiamento e lo slancio per andare avanti. Siete anche luce di speranza e di fiducia per il mio popolo, perché sanno che non sono abbandonati, che dietro di me ci sono tutte queste persone, anonime è vero, ma reali e concrete, che li amano attraverso di me e sulle quali possono sempre contare. 
Ecco la ragione del mio “grazie”: continuate ad essere segno di speranza per la mia gente, per tutti quelli che non hanno un domani e vedrete che questo “domani” lo costruiamo insieme. E anche voi contate su di me, per quello che posso essere di speranza anche per voi».

2 commenti:

  1. Scusate, ma sono certo che fosse il 1997. Padre Giovanni era stato con noi in seminario a Genova.
    Pochi giorni dopo la sua morte, mons. Tettamanzi, allora vescovo a Genova, mi chiamo per propormi la parrocchia in cui sono ancora e la morte di padre Giovanni fu un fortissimo motivo per dire sì al vescovo

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  2. E una lettera bellissima che deve dare e da speranza a tutti in tante situazioni a volte quando ci sembra di essere disperati qui non abbiamo idea di cosa sia la vera disperazione .

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