mercoledì 3 marzo 2021

30 anni fa, Gabriella


 

Quando iniziai a leggere il manoscritto del libro su Gabriella Piccinelli che Rolando Polzelli avrebbe dovuto pubblicare (L'amore di un sorriso) assunsi il distacco oggettivo del professore abituato a valutare le tesi di laurea. Cercavo di evitare di incrociare lo sguardo di Gabriella che tante volte, con i suoi occhi grandi e misteriosi, mi aveva scrutato con amore e dolcezza, per non lasciarmi coinvolgere affettivamente e così essere più libero per un giudizio equilibrato.

Per i primi tre capitoli riuscii a mantenere il dovuto distacco professionale. Sì - mi dicevo -, è un profilo lineare, essenziale dal quale emerge una figura schietta, totalitaria, tutta d’un pezzo, proprio un bel tipo. Mi interessava soprattutto il travaglio vocazionale, indice di una donna esigente, che sa interpretare la vita in un modo personalissimo.

Ma dal quarto capitolo in poi non potei più mantenere il distacco dovuto e fui preso dalla sua esperienza così singolare. La sua vita, che nei primi tre capitoli appariva tutto sommato ordinaria, a mano a mano che scorrevo le pagine e si susseguivano le testimonianze e i fatti di vita, si faceva sempre più straordinaria, espressione di un amore senza misura.

A 30 anni dalla sua morte mi viene ancora da dire: Meno male che, pur avendo messo il piede in tante istituzioni ecclesiali, Gabriella non ne ha mai fatta propria nessuna. Allora è vero che si può diventare santi restando semplicemente cristiani. Si può essere cristiani veri, autenticamente realizzati anche in uno dei tanti quartieri di Roma. Pur rimanendo una donna qualunque, una donna come tante, come tutte, con montagne di panni da lavare, da stirare, con le preoccupazioni per il lavoro, per i figli, si può essere “unica”.


I santi che la Chiesa ci propone sono per lo più martiri, suore, sacerdoti, persone consacrate, vedove... La beatificazione di Gianna Beretta Motta ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo: anche una donna con marito e figli, presa nell’ingranaggio della vita normale di ogni giorno, può farsi santa! Sono cose che si sanno: tutti i cristiani sono chiamati a diventare santi e tutti possono diventarlo vivendo con interezza il vangelo là dove la volontà di Dio li ha posti. Ma se ne vedono troppo pochi di santi “ordinari”. Ce ne sono tanti di questi “santi anonimi” nei nostri quartieri, ma forse, proprio perché “ordinari”, non sempre sappiamo vederli e riconoscerli.

Quella di Gabriella è una di quelle “santità” che anche chi non mette mai piede in Chiesa sa percepire: «La signora Gabriella - dice in due parole Sisto, uno dei tanti borgatari di Roma -, la sua vita è stata una carità perfetta, di quella perfezione che viene dal Vangelo». Quest’uomo, che ha conosciuto la droga e la fatica di tirare su sei figli, ha intuito il segreto di ogni santità: una carità perfetta!

Ed è proprio la carità che balza in evidenza a mano a mano che si percorrono le pagine di quel libro: una carità che si fa sempre più concreta, sempre più limpida, sempre più disinteressata... sempre più perfetta. Una carità coinvolgente.

Una carità che non è frutto di una naturale predisposizione. Gabriella era buona per natura, dolce, piena di affetto... Ma da qui all’amore evangelico ce ne corre! La vita di Gabriella è stata anche tensione, ribellione, ricerca sofferta, scontro, lacerazione... Ad amare ha imparato, e a mano a mano a mano che cresceva nell’amore la sua vita matura, si affina, diventa capacità di costruire attorno a sé germi di un mondo nuovo.

“Amata”, l’aveva chiamata Chiara Lubich. Le aveva dato anche una parola del Vangelo come programma di vita: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi farò riposare». In queste due dimensioni del vivere cristiano si può forse trovare il segreto di Gabriella: un amore che è frutto dell’essere amata e del dolore consumato nell’abbraccio con Gesù Crocifisso e Abbandonato.

Gabriella ci insegna che: Santi non si nasce, santi si diventa. Sì, la santità è davvero possibile. Si può essere santi anche rimando sulla strada, in casa, senza bisogno di salire sugli altari. Basta essere amati, amare, insegnare ad amare.

Sono passati 30 anni dalla sua partenza per il cielo... Era il 4 marzo 1991.

 

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