Un
autore che seguo con interesse, Paolo Rumiz, questi giorni ha scritto una
“preghiera laica”. «Ho pensato che la speranza di una rinascita poteva
diventare preghiera. Non “Liberaci o Signore” (gli Italiani hanno aspetto
troppo spesso di essere liberati dagli altri), ma “liberiamoci” da soli,
finalmente».
Non
è con questo che egli non confidi in Dio e non lo preghi perché cessi presto la
pandemia con tutte le sue conseguenze. Vuole solo invitare a una rinascita
civile e responsabile. Ecco la sua preghiera:
Dobbiamo liberarci
dalla corsa folle che
ci ha intrappolati e dal credere che il tempo
sia solamente denaro;
dalla bramosia del superfluo;
dalla tirannia delle
cose, che ci allontana dall’Uomo;
dall’illusione che il
possesso sia sufficiente a renderci felici
dall’indifferenza
verso l’albero, il fiore e la lucertola; dall’idea
che la terra madre
sia una vacca da mungere fino allo sfinimento;
dalla manipolazione
della natura e dall’illusione che il genio,
una volta disturbato,
possa restare nella lampada
dall’inflazione
indecente dell’Io, dal dimenticare che esiste
anche il Noi, e che
senza comunità non c’è società né nazione;
dalla tentazione di
svendere la nostra libertà pur di avere un’illusione
di sicurezza; dall’istinto
bestiale di fare giustizia da sé
dalla tentazione di
essere sudditi e piegare la schiena;
dalla rassegnazione
che impedisce la lotta; dalla paura di una nuova
immaginazione del
possibile; dal concepire la fine del mondo piuttosto
che la fine dell’economia
del consumo e del saccheggio
dalla Bestia che ci
spinge contro il diverso; dalla paura di rispondere
ai violenti con
parole dure; dal gridare “assassini" ai medici
per poi esaltarli
come eroi dall’abuso della parola "guerra"
che ci fa credere che
il male sia cosa che riguarda solo gli altri
dalla tentazione di
credere che da soli è meglio e che l’Europa
sia un peso, non uno
scudo benedetto; dal disamore per la nostra patria
e dalla fuga in
paradisi artificiali; dallo scaricare il nostro disastro
di nuovo sulle spalle
delle donne
dalla bestemmia di
scomodare Iddio per assolvere e santificare ruberie;
dalla tentazione di
usare la Croce contra i poveri cristi;
dal credere di non
essere tutti sulla stessa barca e dalla presunzione
di non poter mai diventare
poveri emigranti
dal tacere la morte,
vissuta come indecenza; dallo spregio per le mani
ruvide e il sudore
della fronte; dallo snobbare chi in silenzio
garantisce il nostro
nutrimento; dalla mancanza di rispetto
verso il pubblico
ufficiale, dal maestro allo spazzino
dalla sottomissione
al virtuale che occulta la vita e ruba
la
gioia del ritrovarsi; dall’impazienza, nemica dell’ascolto e della tolleranza;
dal frastuono che
stordisce gli uomini e uccide il silenzio,
che è il padre dell’armonia
e della Creazione
dalla rinuncia a
dedicare tempo ai nostri figli e a crescerli
con l’esempio, le
regole di vita e la buona narrazione;
dall’emarginazione
dei vecchi, portatori di memoria; dallo scandaloso
sfruttamento dei
giovani e dal disprezzo per chi li educa
dal rifiuto della
nostra fragilità e dei nostri limiti, la cui accettazione
è invece saggezza;
dal sottovalutare i piccoli gesti,
che fanno la
differenza; dal credere che la felicità sia solo un diritto,
quando il sorriso è
un nostro dovere verso il mondo
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