venerdì 1 maggio 2020

Preghiera laica: Dobbiamo liberarci…



Un autore che seguo con interesse, Paolo Rumiz, questi giorni ha scritto una “preghiera laica”. «Ho pensato che la speranza di una rinascita poteva diventare preghiera. Non “Liberaci o Signore” (gli Italiani hanno aspetto troppo spesso di essere liberati dagli altri), ma “liberiamoci” da soli, finalmente».
Non è con questo che egli non confidi in Dio e non lo preghi perché cessi presto la pandemia con tutte le sue conseguenze. Vuole solo invitare a una rinascita civile e responsabile. Ecco la sua preghiera:


Dobbiamo liberarci

dalla corsa folle che ci ha intrappolati e dal credere che il tempo
sia solamente denaro; dalla bramosia del superfluo;
dalla tirannia delle cose, che ci allontana dall’Uomo;
dall’illusione che il possesso sia sufficiente a renderci felici

dall’indifferenza verso l’albero, il fiore e la lucertola; dall’idea
che la terra madre sia una vacca da mungere fino allo sfinimento;
dalla manipolazione della natura e dall’illusione che il genio,
una volta disturbato, possa restare nella lampada

dall’inflazione indecente dell’Io, dal dimenticare che esiste
anche il Noi, e che senza comunità non c’è società né nazione;
dalla tentazione di svendere la nostra libertà pur di avere un’illusione
di sicurezza; dall’istinto bestiale di fare giustizia da sé

dalla tentazione di essere sudditi e piegare la schiena;
dalla rassegnazione che impedisce la lotta; dalla paura di una nuova
immaginazione del possibile; dal concepire la fine del mondo piuttosto
che la fine dell’economia del consumo e del saccheggio

dalla Bestia che ci spinge contro il diverso; dalla paura di rispondere
ai violenti con parole dure; dal gridare “assassini" ai medici
per poi esaltarli come eroi dall’abuso della parola "guerra"
che ci fa credere che il male sia cosa che riguarda solo gli altri

dalla tentazione di credere che da soli è meglio e che l’Europa
sia un peso, non uno scudo benedetto; dal disamore per la nostra patria
e dalla fuga in paradisi artificiali; dallo scaricare il nostro disastro
di nuovo sulle spalle delle donne

dalla bestemmia di scomodare Iddio per assolvere e santificare ruberie;
dalla tentazione di usare la Croce contra i poveri cristi;
dal credere di non essere tutti sulla stessa barca e dalla presunzione
di non poter mai diventare poveri emigranti

dal tacere la morte, vissuta come indecenza; dallo spregio per le mani
ruvide e il sudore della fronte; dallo snobbare chi in silenzio
garantisce il nostro nutrimento; dalla mancanza di rispetto
verso il pubblico ufficiale, dal maestro allo spazzino

dalla sottomissione al virtuale che occulta la vita e ruba
la gioia del ritrovarsi; dall’impazienza, nemica dell’ascolto e della tolleranza;
dal frastuono che stordisce gli uomini e uccide il silenzio,
che è il padre dell’armonia e della Creazione

dalla rinuncia a dedicare tempo ai nostri figli e a crescerli
con l’esempio, le regole di vita e la buona narrazione;
dall’emarginazione dei vecchi, portatori di memoria; dallo scandaloso
sfruttamento dei giovani e dal disprezzo per chi li educa

dal rifiuto della nostra fragilità e dei nostri limiti, la cui accettazione
è invece saggezza; dal sottovalutare i piccoli gesti,
che fanno la differenza; dal credere che la felicità sia solo un diritto,
quando il sorriso è un nostro dovere verso il mondo


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