martedì 26 maggio 2020

L’ultima parola del Risorto / 19 / Sulla via di Damasco



Quali le ultime parole del Risorto che ci consegnano le Scritture? Forse quelle rivolte a Giovanni nell’isola di Parmos quando, nel giorno del Signore, udì la voce che gli diceva: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi» (Ap 1, 17-18). Ma in questo testo Giovanni, trovandosi rapito nei cieli, si colloca già alla fine dei tempi. Questo che parla è il Signore glorioso, assiso alla destra del Padre.
Forse l’ultima parola del Risorto, qua sulla terra, è quella indirizzata a Saulo, sulla strada verso Damasco.

Saulo, «spirando minacce e stragi contro i discepoli» è in cammino verso Damasco per mettere in catene i “seguaci della via”, i dissidenti dal giudaismo ortodosso, e per condurli prigionieri a Gerusalemme.
Su quella strada l’incontro con il Signore risorto, come testimonia più volte Paolo: “Ho visto Gesù, nostro Signore” (1 Cor 9, 1); “Apparve anche a me” (1 Cor 15, 8).
Il racconto degli Atti non parla tuttavia di apparizione: Gesù non si mostra a Paolo, come si era mostrato agli Undici e agli altri. Sulla strada di Damasco lo avvolge una luce, “più splendente del sole” (Atti 26, 13) e ode una voce (Atti 9, 4). Paolo lo annoterà nelle sue lettere: “la luce rifulse nei nostri cuori” (2 Cor 4, 6), e parla di “rivelazione” (Gal 1, 16): luce e parola.
«All’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. Ed egli: “Io sono Gesù, che tu perséguiti!  Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare”» (Atti 9, 3-6).

“Saulo, Saulo”. Ancora una volta Gesù chiama per nome, come aveva chiamato per nome Maria di Magdala e Simone di Giovanni. Egli conosce ciascuno personalmente, anche il suo persecutore. Ripete per due volte il suo nome, come aveva fatto con Marta: non un rimprovero, ma una manifestazione di affetto, di attenzione, di vicinanza, di comprensione. Come ti capisco, Saulo, sembra dire il Signore, sei accecato dall’odio e adesso lo sarai anche fisicamente, fino a quando non riceverai la nuova luce del battesimo…
“Perché mi perséguiti?”. Perché? Una domanda che invita a tornare in sé, a interrogarsi sulle vere motivazioni che lo muovono, a ripensare il proprio comportamento.

Gesù non si mostra a Paolo, come invece si era mostrato agli altri nei primi giorni dopo la risurrezione. Ormai egli è salito al cielo, gli Undici lo hanno visto scomparire, una nuvola lo aveva sottratto per sempre ai loro sguardi (Atti 1, 9). Gesù dunque non apparirà più? Non lo si potrà più vedere?
È ancora presente, eccome! “Perché mi perséguiti?”. È presente nella sua comunità (Mc 18, 20) e si identifica con i miei membri (Mt 25, 40).
“Chi sei, o Signore?”. Proprio colui che tu perseguiti. Il Risorto è vivo nella sua Chiesa, ed è come se da lì si mostrasse a Saulo. Sarà l’esperienza più profonda che Paolo farà in prima persona: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20). Cristo vive!
Saulo deve arrendersi all’evidenza e cambiare vita. Quando, anni dopo, egli racconterà davanti al re Agrippa l’evento di Damasco, riferirà un’altra parola che gli avrebbe detto il Risorto: «Duro è per te ricalcitrare contro il pungolo» (26, 14). Era un proverbio noto nel mondo ellenistico, che evocava l’immagine della bestia da soma costretta a tirare il carro, spinta dal pungolo, il bastone con un chiodo, del contadino. È inutile che tu tenti di resistere, Saulo, la potenza del Risorto è troppo forte, dovrai arrenderti all’evidenza. E Paolo si arrende.



E adesso cosa deve fare? Il Risorto aveva detto alle donne, agli Undici, agi altri, cosa avrebbero dovuto fare… Invece questa volta il Signore risorto non dice a Paolo quello che deve fare, lo manda piuttosto da un illustre sconosciuto, Anania, e sarà lui a dirgli cosa deve fare: “àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare”. Il Signore parlerà ad Anania e gli dirà le parole che a sua volta dovrà trasmettere a Saulo. Non è troppo complicato? Tanto voleva che il Signore, con la potenza di luce manifestata sulla via di Damasco, gli affidasse direttamente la missione da compiere- Che bisogno c’era di rimandare ad altri?
È proprio così, i tempi sono cambiati! Questa ultima manifestazione del Risorto è come le altre, sostiene continuamente Paolo a spada tratta, ma nello stesso tempo è diversa: apre alla Chiesa.
Straordinaria l’ultima parola del Risorto: “ti sarà detto ciò che devi fare”, sarò io a parlarti, io che ti chiamo per nome, ma lo farò attraverso i miei fratelli, quelli con i quali mi sono identificato. 
Gesù indirizza alla sua Chiesa perché ormai egli è vivo e presente in essa e parla attraverso di essa. È iniziato il tempo della Chiesa.

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