Dopo
essersi rivelato nella sua realtà fisica, Gesù si rivolge nuovamente agli
Undici: «Sono queste le parole che vi dissi quando ero ancora con voi:
bisogna che si compiano le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei
Profeti e nei Salmi” (Lc 24, 44).
Luca non
riferisce quali parole delle Scrittura il Signore citò quella sera. Non
basterebbe un Vangelo per raccoglierle, ci vorrebbe appunto tutta la Bibbia,
perché tutta parla di lui. Forse ha
ragione Rossé quando scrive: “Il Risorto avrebbe dovuto parlare per farsi comprendere
dai suoi? La sua parola non aveva le caratteristiche divine della penetrazione,
della certezza, della comprensione chiara e immediata?”.
Quando se lo videro
davanti, gli apostoli capirono tutto, la loro mente si aprì alla comprensione,
anche se ci vorrà del tempo per articolare quell’intuizione profonda, occorrerà
la Pentecoste, la preghiera, la condivisione, la riflessione…
Come sulla strada di
Emmaus, è soltanto nella luce del Risorto che si può comprendere la Parola di
Dio. Adesso che egli l’ha interamente compiuta può spiegarla pienamente. È lui
tra noi l’esegeta, l’ermeneuta, colui che penetra mente e cuore e li informa e
li trasforma. Fa vedere, infiamma l’anima, accende la fede.
Al dire di Gesù, tutte
le Scritture si sintetizzano in una parola: “Così sta
scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno…” (24, 46).
Nelle sofferenze dell’umanità,
da Adamo a Noè, da Abramo a Saul, da David a Geremia, nel grido del Salmi, è presente
il Cristo che patisce, che porta con sé sulla croce i drammi e i peccati del
mondo.
Negli interventi di
Dio che libera e salva, nei canti di gioia e di festa, dall’inno di Mosè al
passaggio del Mar rosso al Cantico dei cantici, è il Cristo che risorge dai
morti. Tutto parla del mistero di morte e di vita di Gesù, che assume e consuma
in sé la storia del cosmo intero.
Nessun popolo è
escluso da questo messaggio di salvezza: “e nel suo nome saranno predicati a
tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da
Gerusalemme” (24, 47).
“Quello
che è accaduto in quei giorni a Gerusalemme” (24, 18) è un evento di una
potenza tale da irradiare il mondo intero. Inizia da un punto infinitesimale,
Gerusalemme, e coinvolge tutti i popoli, fino a farne un popolo solo, il nuovo
popolo di Dio, che abbraccia tutte le genti. “Egli infatti è la nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di
separazione che li divideva”, fino a creare in se stesso “un solo uomo
nuovo”, “facendo la pace” e riconciliando tutti “in un solo corpo”, “eliminando
in se stesso l’inimicizia” (Ef 2, 14-16).
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