venerdì 22 maggio 2020

Le parole del Risorto / 16 / Tu seguimi


“Tu seguimi”. È l’ultima parola del Risorto. La stessa della prima, con quale si aprono i Vangeli. Quando Gesù incontra i suoi li chiama a seguirlo: “Seguimi”. Sembrerebbe tutto fatto. Il cammino dietro a Gesù è invece sempre nuovo, dinamico, creativo, fatto di alti e bassi, cadute e riprese, smarrimenti e ritrovamenti, luce e tenebre, mai lineare.
Ogni volta che ci viene rivolta la domanda: “Mi ami tu”, è l’invito a un passo in avanti, verso una nuova incognita. Ogni volta che gli diciamo “Tu sai che ti voglio bene”, è la dichiarazione di disponibilità per una tappa nuova del cammino.
La chiamata non è fatta una volta per sempre, è un invito continuo che Gesù rivolge lungo tutta la fine, fino a quando lo ascolteremo nell’ultimo istante, quando ci chiamerà a seguirlo nel suo paradiso.

La dichiarazione d’amore di Pietro - tu sai che ti voglio bene – dove lo porterà? Non se lo immagina neppure: «“In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio» (21, 18-19).
Quanti progetti, Pietro! Giustamente prenderai in mano la tua vita, andrai dove pensi più opportuno, organizzerai il tuo ministero, programmerai la vita della comunità… Ma alla fine la cosa più intelligente sarà consegnarsi interamente nelle mani del Signore e lasciarsi guidare là dove lui sa, a costo della vita.
L’importante è continuare a seguirlo. È lui la Via e ci condurrà dove lui sa.
Seguire Gesù, condividendo tutto di lui, anche la morte.

“E di lui?”, gli chiede Pietro rivolgendosi verso il discepolo amato. “Che ne sarà di lui?”.
Quanto starà a cuore a Gesù il discepolo amato! Non per niente si è meritato questo titolo, “il discepolo amato”. Ci penserà lui al discepolo amato.
Ma in questo momento la domanda di Pietro è fuorviante. “A te che importa?”. Gesù sta parlando con Simone di Giovanni, a lui sta rivolgendo l’invito a seguirlo, si tratta è una chiamata personale. “E l’altro?”.

In questo momento Gesù sta parlando con te, Pietro, è a te che chiede di seguirlo, sei tu che devi rispondere ed essere disponibile ad andare dove lui vuole, a dare la tua stessa vita. Non è il momento di chiedere che ne sarà del discepolo amato.
E, ancora una volta, l’appello: “Tu seguimi”.
Poco prima, al versetto 10, Gesù gli aveva detto semplicemente: “Seguimi!”. Ora – siamo al versetto 22 – specifica: “Tu seguimi”. Tu! Mai Gesù ha espresso la chiamata con tanta forza. La chiamata e la risposta sono sempre personali, così come l’itinerario: “Tu segui me”. Per ognuno è un’avventura diversa, ognuno ha la sua storia, anche se ogni chiamata e ogni cammino sfociano alla stessa meta: “Me!”.
La chiamata è diretta a un “tu” concreto e apre all’incontro con un “tu” altrettanto concreto: si segue Gesù, una persona, non un ideale: “Seguimi”.
In greco letteralmente è “Tu me segui”.

L’ultima parola del Risorto è “segui”, cammina. Il Vangelo si conclude e per ognuno di noi si apre a vivere la vita di ogni giorno, una chiamata costante, una risposta sempre nuova, un amore sempre conquistato, una missione sempre imprevedibile. Inizia la storia della Chiesa, di tutti i cristiani, dell’intera umanità, di tutto il creato, in cammino verso il Signore che viene.  

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