“Tu
seguimi”. È l’ultima parola del Risorto. La stessa della prima, con quale si
aprono i Vangeli. Quando Gesù incontra i suoi li chiama a seguirlo: “Seguimi”.
Sembrerebbe tutto fatto. Il cammino dietro a Gesù è invece sempre nuovo,
dinamico, creativo, fatto di alti e bassi, cadute e riprese, smarrimenti e
ritrovamenti, luce e tenebre, mai lineare.
Ogni volta
che ci viene rivolta la domanda: “Mi ami tu”, è l’invito a un passo in avanti, verso
una nuova incognita. Ogni volta che gli diciamo “Tu sai che ti voglio bene”, è
la dichiarazione di disponibilità per una tappa nuova del cammino.
La
chiamata non è fatta una volta per sempre, è un invito continuo che Gesù rivolge
lungo tutta la fine, fino a quando lo ascolteremo nell’ultimo istante, quando
ci chiamerà a seguirlo nel suo paradiso.
La
dichiarazione d’amore di Pietro - tu sai che ti voglio bene – dove lo porterà?
Non se lo immagina neppure: «“In verità, in verità io ti dico: quando eri più
giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio
tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo
disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio» (21, 18-19).
Quanti
progetti, Pietro! Giustamente prenderai in mano la tua vita, andrai dove pensi
più opportuno, organizzerai il tuo ministero, programmerai la vita della
comunità… Ma alla fine la cosa più intelligente sarà consegnarsi interamente
nelle mani del Signore e lasciarsi guidare là dove lui sa, a costo della vita.
L’importante
è continuare a seguirlo. È lui la Via e ci condurrà dove lui sa.
Seguire
Gesù, condividendo tutto di lui, anche la morte.
“E di
lui?”, gli chiede Pietro rivolgendosi verso il discepolo amato. “Che ne sarà di
lui?”.
Quanto
starà a cuore a Gesù il discepolo amato! Non per niente si è meritato questo
titolo, “il discepolo amato”. Ci penserà lui al discepolo amato.
Ma in
questo momento la domanda di Pietro è fuorviante. “A te che importa?”. Gesù sta
parlando con Simone di Giovanni, a lui sta rivolgendo l’invito a seguirlo, si
tratta è una chiamata personale. “E l’altro?”.
In questo
momento Gesù sta parlando con te, Pietro, è a te che chiede di seguirlo, sei tu
che devi rispondere ed essere disponibile ad andare dove lui vuole, a dare la
tua stessa vita. Non è il momento di chiedere che ne sarà del discepolo amato.
E, ancora
una volta, l’appello: “Tu seguimi”.
Poco
prima, al versetto 10, Gesù gli aveva detto semplicemente: “Seguimi!”. Ora –
siamo al versetto 22 – specifica: “Tu seguimi”. Tu! Mai Gesù ha espresso la
chiamata con tanta forza. La chiamata e la risposta sono sempre personali, così
come l’itinerario: “Tu segui me”. Per ognuno è un’avventura diversa, ognuno ha
la sua storia, anche se ogni chiamata e ogni cammino sfociano alla stessa meta:
“Me!”.
La
chiamata è diretta a un “tu” concreto e apre all’incontro con un “tu”
altrettanto concreto: si segue Gesù, una persona, non un ideale: “Seguimi”.
In greco letteralmente
è “Tu me segui”.
L’ultima
parola del Risorto è “segui”, cammina. Il Vangelo si conclude e per ognuno di
noi si apre a vivere la vita di ogni giorno, una chiamata costante, una
risposta sempre nuova, un amore sempre conquistato, una missione sempre
imprevedibile. Inizia la storia della Chiesa, di tutti i cristiani, dell’intera
umanità, di tutto il creato, in cammino verso il Signore che viene.
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