mercoledì 13 maggio 2020

Le parole del Risorto / 12 / Ricevete lo Spirito Santo



Il racconto prosegue con verbi di movimento, di presenza, d’azione. «La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore» (20, 19-20).
Gesù è vivo, si muove, “viene”. È il primo verbo. Non è di passaggio, viene per “stare”, secondo verbo che dice presenza stabile. “Parla” – quarto verbo –, entra in dialogo.
Secondo Luca la venuta del Signore portò tra i discepoli spavento e timore, secondo Giovanni una grande gioia. Avevano già visto la tomba vuota e ascoltato l’annuncio di luce dell’apostola, ora aspettavano soltanto la sua venuta, e venne e stette. È la realizzazione della promessa di pochi giorni prima: «Non vi lascerò orfani, verrò da voi» (14, 18.28).

“Pace a voi”. Prima ancora che rivolga il saluto di pace la sua venuta e la sua presenza infondono già la pace e danno una gioia insperata. Nel cenacolo si pregusta un anticipo di paradiso.
Lo ripete una seconda volta: “Pace a voi” (20, 21).
L’aveva promesso: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (14, 27).
La pace, shalom, è il dono messianico per eccellenza, che poco ha a che fare con la “pace del mondo”, intesa come benessere psicologico e assenza di conflittualità.
La sua è una pace profonda e piena, frutto dell’amore. Permette di conservare la serenità e la fiducia anche nei dolori, nelle persecuzioni, nelle malattie, nelle situazioni difficili. Essa nasce dalla certezza che Gesù “sta”, rimane, non ci lascia mai soli e tutto affrontiamo assieme a lui.

“Mostrò loro le mani e il fianco”. È il quarto verbo. Gesù non nasconde il suo passato, le sue sofferenze. Sono la sua gloria, l’evidenza del suo amore.
Nel Vangelo di Luca aveva mostrato mani e piedi, qui mani e fianco, da dove, secondo il Vangelo di Giovanni, erano sgorgati sangue e acqua, segno estremo del dono della vita e della salvezza (19, 34).

Dopo aver ripetuto il dono della pace, ecco il mandato, comune a tutti e quattro gli evangelisti, anche se questa volta è formulato nella maniera caratteristica di Giovanni: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (20, 21).
Gesù ha compiuto la missione che il Padre gli ha affidato, ora sta alla Chiesa continuare la sua opera.
Ed ecco il quinto verbo, la quinta azione di Gesù: “soffiò” sui suoi discepoli. Proprio come Dio soffiò su Adamo un alito di vita (Gen 2, 7), come nella visione di Ezechiele soffia sulle ossa aride per farle risorgere (37, 9). È la vita nuova che nasce dalla risurrezione e che tutto ricrea. Ed è la trasmissione della stessa energia divina.
«Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (20, 22-23). Ormai gli apostoli sono plenipotenziari, hanno in sé la forza dello Spirito Santo, lo stesso che ha guidato Gesù lungo tutta la sua vita, dal concepimento, “per opera dello Spirito Santo”, fino a quando dall’alto della Croce “consegnò lo spirito” (19, 30).
È già Pentecoste, il tempo dello Spirito Santo, il tempo della Chiesa, il nostro tempo, con il Risorto che “sta in mezzo” a noi, che ci trasmette la sua pace, la sua gioia, la sua forza, la sua vita.

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