Dopo aver
radunato i suoi attorno alla tavola, Gesù si rivolge direttamente a Pietro e lo
interpella in prima persona, chiamandolo per nome, come aveva fatto con Maria
di Magdala. Là, nell’orto, il nome “Maria” era carico di affetto. Qui, sulla
riva del lago, il nome di Pietro è pronunciato con grande solennità, lo chiama
per nome e cognome: “Simone di Giovanni!”.
Con la
stessa serietà l’aveva chiamato quando l’aveva incontrato la prima volta, all’inizio
del Vangelo (1, 42). L’incontro tra Gesù e Pietro inizia e termina con la
chiamata per nome, proprio come aveva profetizzato Isaia: “Fino dal grembo di
mia madre ha pronunziato il mio nome. (…) Ecco, ti ho disegnato sulle palme
delle mie mani” (49, 1.16). Quel nome, Simone di Giovanni, Gesù se l’era già
scritto sulla mano da tutta l’eternità!
La
solennità dell’appello, “Simone di Giovanni!”, mostra una chiara presa di
posizione. Pietro è seduto a tavola con altri sei discepoli. Gesù si rivolge
proprio a lui, ritaglia la persona da tutto e da tutti e la mette direttamente
davanti a lui, a tu per tu. Lo interpella perché davanti a tutti, e prima di
tutto davanti a se stesso, affermi in maniera esplicita la sua scelta: “Mi ami?”.
Una
domanda che non può essere evasa, tanto è personale e diretta, senza contorni, non
consente alibi: “Mi ami?”. È una domanda seria, ripetuta per ben tre volte. Richiede
una risposta altrettanto chiara e precisa.
Non è una
domanda retorica, cade su un triplice tradimento con il quale Pietro ha affermato
solennemente: “Non ti amo. Amo più me di te e per difendere la mia vita rinnego
la tua”.
Gesù non
si lascia scoraggiare dal tradimento, crede nella prima chiamata ed offre una
nuova possibilità: “Adesso, dopo tutto quanto è accaduto, mi ami ancora?”.
Pietro ha
ancora nelle orecchie la domanda della giovane portinaia nel cortile del sommo
sacerdote: “Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?”. Ha ancora nelle
orecchie le parole del suo diniego: “Non lo sono” (18, 17).
A quella
domanda si sovrappone adesso la nuova domanda: “Mi ami?”. Le parole sono
diverse, ma la richiesta è la stessa: da che parte stai? con chi stai? chi ami
veramente…
Il
Risorto continua a ripetere lungo i secoli la stessa parola, rivolge ad ognuno
di noi la stessa domanda; non in maniera astratta e generica, ma dopo averci
interpellati ad uno ad uno, personalmente, premettendo nome e cognome: “Fabio
Ciardi, mi ami?”. Non posso guardarmi attorno per vedere a chi si sta rivolgendo.
La domanda ha nome e cognome, non ci sono alibi e neppure possibilità di
omonimie: me la rivolge guardandomi negli occhi.
Inevitabilmente
vengono alla mente i tradimenti, i rinnegamenti. Li conosce bene. Possibile che
nonostante tutto questo continui a ripetermi se lo amo? Ha ancora fiducia in
me? Allora mi ha perdonato veramente, mi offre veramente la possibilità di ricominciare…
Troppo grande il suo amore.
Pietro, davanti
a tanto amore, come puoi non rispondergli che lo ami?
Come
possiamo non dirgli che lo amiamo?
“Mi ami
tu? Mi vuoi bene?”. Quante volte ce lo chiederà? Una in più del nostro
tradimento, per darci l’opportunità che l’ultima nostra parola sia: “Signore,
tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”.
Soltanto
allora il Risorto può affidare la Chiesa a Pietro.
Al primo
incontro gli aveva cambiato il nome in “Cefa”, Pietro, pietra. Vedeva il futuro
dell’apostolo, fondamento della Chiesa. Ma non poteva ancora affidargli il suo gregge;
prima doveva essere temperato dal dolore, dalla prova, perché dal peccato e dall’amaro
pianto (Lc 22, 62) fiorisse un nuovo amore: “Tu sai che ti voglio bene”.
Soltanto adesso il Risorto può dirgli: “Pasci i miei agnelli… pasci le mie
pecore” (21, 15-17).
Ogni
opera, ogni lavoro ha senso e porta frutto a condizione che sia espressione d’amore:
“Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”. Occorre essere una cosa
sola con Gesù perché egli affidi una missione, solo così sarà lui a compierla.
Grazie padre Fabio, è bellissimo. Nonostante i nostri errori, peccati Lui è sempre pronto a perdonaci e ad amarci smisuratamente,non ha preferenze non ci sono differenze. Siamo noi che troppo spesso dimentichiamo quando grande sia il suo amore.
RispondiElimina