Sull'ultimo numero della rivista "Missioni OMI" è apparso un mio breve articolo in occasione del centenario della nascita di Chiara Lubich. Ecco la prima parte.
Nel
periodo effervescente dell’immediato post-concilio venivano favorite, con
grande apertura, le più diverse esperienze che potessero contribuire al
rinnovamento della vita religiosa. Fu così che alcuni Oblati di Maria Immacolata
incontrarono il Movimento dei Focolari. Vi trovarono una profonda consonanza
con il proprio carisma. La freschezza evangelica di questa nuova realtà
ecclesiale ricordava loro gli inizi del proprio Istituto, il suo appello
all’unità era un invito ad attualizzare la consegna del Fondatore: “Tra voi la
carità, la carità, la carità”, le nuove vie di evangelizzazione un’ispirazione
per la loro vocazione missionaria. Il contatto con il Movimento li apriva inoltre
a rapporti profondi di comunione e di condivisione con tanti altri Istituti
religiosi.
È proprio durante un incontro
tra religiosi animati dallo stesso desiderio
di unità che due Padri Oblati, spinti dall’amore
alla Famiglia Religiosa, formulano una
preghiera: «Ti chiediamo, Signore, uniti nel
tuo nome, che nasca, se è tua volontà, una comunità in cui Tu sei costantemente
presente tra i suoi membri e che realizzi oggi il testamento del Fondatore – “tra di voi la carità, la carità la carità... e fuori lo
zelo per le anime”».
Nasce così la comunità di Marino. Chiara Lubich segue con
fiducia la nuova esperienza. Nel 1972 scrive agli Oblati: «Veramente la
Madonna vi ama con un amore di predilezione e conta su di voi, su ciascuno di
voi, per poter ridonare al mondo Gesù». Il
suo amore per Eugenio de Mazenod fa sì che li orienti costantemente verso di
lui, a conoscerlo in profondità, a riviverne appieno il carisma. «Sono
spiritualmente tra voi –scriveva
più tardi in occasione la sua beatificazione – sicura che Gesù in
mezzo illumina le parole e la vita del vostro grande Santo Fondatore e vi farà
sempre più simili a Lui, per lo splendore e la grandezza della Chiesa. Come ho
vissuto la sua beatificazione? In piena unità con voi, condividendo la
vostra gioia come di cosa riguardante la mia famiglia, perché la mia
famiglia è la Chiesa: e nella Chiesa in particolare con chiunque è imparentato
in qualche modo con l’Opera di Maria».
Rivolgendosi a quanti allora erano i giovani Oblati – tra
questi c’ero anch’io! – li invita a studiare il Fondatore soprattutto nei suoi
anni giovanili, quando più viva era l’idealità carismatica. È così che durante
il noviziato e soprattutto poi negli studi di teologia, sboccia un’autentica
passione per la conoscenza del Fondatore, fatta di ricerca, di studio, anche a
livello accademico. In questo senso le comunità formative italiane sono
diventate un punto di riferimento positivo per tutto l’Istituto, favorendo un
risveglio d’interesse per il carisma.
Non sono mancati momenti di tensioni, soprattutto con
alcuni Oblati delle generazioni precedenti, che non sempre capivano perché doversi
riferirsi ad un Movimento che esulava dalla tradizione dell’Istituto. Di fatto
non vi è dualità. La
spiritualità dell’Opera di Maria non distoglie dal proprio carisma, piuttosto è
una luce che ne ravvivava i colori, un’acqua fresca che lo irrorava alle
radici. Mi piace l’immagine della Chiesa come un giardino che sboccia in tanti
fiori quanti sono i carismi: come i fiori esponendosi alla luce non perdono i
loro colori e bevendo la stessa acqua non diventano uguali tra di loro, così i
carismi, entrando in comunione tra di loro si ravvivano, riscoprono la loro più
profonda identità.
Allora
come adesso tanti Oblati, nella spiritualità del Movimento e nei rapporti
fraterni con i suoi membri, appartenenti ad ogni vocazione, trovano non certo
qualcosa che può disturbare la loro spiritualità, ma viceversa una luce che la
ravviva e aiuta a comprenderla meglio. Sentono perfettamente armonizzabili le
due realtà. Vale per noi Oblati quando Paolo VI affermava parlando
del fatto che religiosi di tanti istituti diversi si incontrano tra di
loro nell’ambito del Movimento dei Focolari: «Non è cresciuta la
fraternità? – domandava – È tolta qualcosa all’originalità dei vostri Istituti?
No! Il confronto fraterno – ecco il Focolare! – aumenta la carità rispettiva e
collettiva” (14.7.1979).
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