mercoledì 20 maggio 2020

Eugenio de Mazenod, santo "familiare" più che "universale"



Due giorni fa, il 18 maggio, la Congregazione per il culto divino ha inscritto la celebrazione di santa Faustina Kowalska nel calendario romano universale.
Non poteva essere diversamente, vista la notorietà della santa. Il suo Gesù misericordioso ha ormai invaso il mondo (Cercando un testo su internet sono capitato in un sito dove è riprodotta l’immagine di Gesù misericordioso: immagine è animata, Gesù che muove il braccilo destro e benedice! Kitsch che più kitsch non si può, segno comunque della grande popolarità della santa e del suo messaggio).

Da anni i nostri postulatori cercano di fare inserire anche sant’Eugenio de Mazenod nel calendario universale, in modo che il 21 maggio sia celebrato in tutto il mondo.
È una causa persa in partenza, perché Eugenio de Mazenod non è “popolare”, neppure nella sua Marsiglia dove è stato vescovo e per la quale ha dato la vita.
È piuttosto un santo “familiare”, il santo della nostra famiglia oblata. A noi basta così.
Anche se dobbiamo riconoscere che è stato un uomo di Chiesa eccezionale. Ha vissuto per la Chiesa e ha mandato missionari in tutto il mondo. Più universale di così! Nessuno più di lui attaccato alla Chiesa di Roma. Non a caso il cardinale Barnabò, contemporaneo e prefetto della Congregazione di Propaganda fide, lo definì “il vescovo più romano dei francesi e il più francese dei romani”.

Nel giorno della sua festa – 21 maggio – vale la pena leggere un brano di una sua lunghissima lettera, del 21 luglio 1852, indirizzata al Card. Gousset, arcivescovo di Reims, nella quale sant’Eugenio de Mazenod rivendica la sua “romanità”, contro l’accusa che il cardinale gli rivolgeva di essere ostile alla Santa Sede (accusa diffusa tra tutto l'episcopato francese!):

«Capo di una congregazione nascente – della quale il Signore, concedendole una crescita inaspettata, benedice il lavoro nei quattro angoli del mondo –, ho verso questa famiglia spirituale il dovere di non lasciare che mi si accusi di qualcosa che possa diminuire la fiducia e la protezione con la quale il vicario di Gesù Cristo si degna di favorirne i figli, dei quali egli mi ha costituito giuridicamente padre.
Sono quindi costretto ad affermare, poiché devo difendermi, quale sia sempre stato il mio amore per la Chiesa romana, verso la quale, in quanto come vescovo, ho la gioia di testimoniare i miei sentimenti.

Era ancora diacono e poi giovane prete quando, nonostante la più attenta sorveglianza da parte di una polizia sospettosa, mi è stata offerta la possibilità di dedicarmi ogni giorno al servizio dei cardinali romani, allora deportati a Parigi e ben presto perseguitati per la loro fedeltà alla Santa Sede. I pericoli ai quali mi sono costantemente esposto sono stati compensati nella mia anima dalla gioia di essere di utilità a questi illustri esiliati e di ispirarmi sempre più al loro spirito. Più tardi, senza dare ascoltato a quanto mi suggerivano certe amicizie, il mio noto attaccamento a Roma è restato irremovibile, anche davanti a scelte che potevano mettere a rischio queste amicizie.

Grazie all’orientamento che, come vicario generale o come vescovo, sono stato in grado di offrire al clero, la diocesi di Marsiglia è stata una delle prime in Francia ad assimilare globalmente i sentimenti romani che esprimevo ancora pubblicamente due anni fa, in un discorso all'ultima sessione del Concilio di Aix.

Ho potuto istituire la Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata tra ostacoli sorti contro di essa da vecchi pregiudizi contraddetti proprio da quegli stessi sentimenti con cui la nutrivo per rendere i suoi membri uomini del Papa come vescovi, ossia uomini della Chiesa e uomini di Dio. 

Devo infine menzionare sant’Alfonso de Liguori, la cui teologia ho insegnato e praticato molto prima dei libri che ho fatto pubblicare allo scopo di istituire il suo in Francia. La sua biografia, scritta sotto i miei occhi e grazia alla mia iniziativa da uno dei miei Oblati, da allora si è diffusa ovunque ed è stata tradotta in diverse lingue straniere. Questo una volta ha attirato la vostra attenzione! Ho voluto servire la causa di Dio con la dottrina e gli esempi di questo ammirevole Vescovo, la cui devozione all'autorità del Papa rimonta a tempi lontani ed è stata, nel XVIII secolo, la massima espressione e la più viva testimonianza della santità della Chiesa. Questa idea, frutto dello zelo che mi animava, fu fortemente approvata da Pio VIII, che mi onorò su questo argomento con un “breve” particolare.

Ecco Monsignore, quello che sono stato e quello che sono. Ecco l'uomo accusato di ostilità alla Santa Sede!»

(La mia piccola novena a sant’Eugenio è consistita semplicemente in una preghiera quotidiana davanti alla statuetta che ho sul tavolo del mio ufficio, con accanto quella della “Madonna del sorriso”, con un fiore e un lumino… Ho chiesto a un intenditore come Nino Bucca se questa immagine non fosse troppo devozionale. Risposta: “È molto carina. Non direi devozionale ma vintage”.) 

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