Dopo aver dischiuso
la mente degli Undici alla comprensione delle Scritture e aver mostrato come
egli le ha adempiute in pienezza, Gesù affida loro una missione particolare:
“Di questo voi sarete testimoni” (24, 48).
Fa una certa
impressione ascoltare la parola greca per testimoni: martyres; Gesù li
chiama ad essere “martiri”: “Sarete i miei martiri”, come anche lui è “martire”,
come dirà l’Apocalisse, il testimone fedele (1, 5).
Matteo e Marco
riportano parole esplicite sul mandato missionario: Andate, fate discepoli,
insegnate, annunciate…
In Luca l’accento è posto
sull’annuncio fatto con la vita, sulla testimonianza pronta ad essere
convalidata con la propria morte.
Anche nel secondo
racconto immediatamente successivo al Vangelo, gli Atti degli Apostoli, Luca
riporta le medesime parole del Risorto: “Di me sarete testimoni” (1, 8).
Gli apostoli sono
chiamati a trasmettere qualcosa che hanno vissuto in prima persona, frutto del
rapporto che hanno avuto con lui: sono stati con il Signore fin dall’inizio,
hanno condiviso tutto di lui, l’hanno visto all’opera, ne hanno assimilato
l’insegnamento…
Il criterio per
trovare un successore dell’apostolo che ha tradito è ben chiaro nel discorso di
Pietro, riportato sempre da Luca: “Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati
con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto tra noi,
cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a
noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme con noi, della sua
risurrezione” (Atti 1, 21-22).
Ugualmente,
all’inizio del suo Vangelo, Luca assicura Teòfilo che scriverà accuratamente
quanto “hanno trasmesso coloro che ne furono testimoni oculari da principio”
(1, 1-2).
Molti anni più tardi
l’apostolo Giovanni potrà annunciare “quello che noi abbiamo udito, quello che
abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani
toccarono del Verbo della vita…” (1 Gv 1, 1).
Da allora la missione
sarà la testimonianza di un vissuto, la condivisione di un’esperienza.
Gesù indica anche da
dove deve iniziare l’opera di testimonianza, e di nuovo il Vangelo di Luca si
differenzia dagli altri due Sinottici. Per questi ultimi il mandato è subito
rivolto ai quattro angoli del mondo, tanto che, per Marco, gli Apostoli partono
immediatamente per andare dappertutto (16, 20).
In Luca Gesù li
invita invece a rimanere in città (24, 49): il loro mandato comincia da
Gerusalemme (24, 47). Così, subito dopo l’ascensione del Signore, tornano a
Gerusalemme e stanno sempre nel tempio (24, 52-53).
Anche nel racconto
parallelo degli Atti, Gesù ripete che devono essergli testimoni innanzitutto a
Gerusalemme; soltanto in un secondo tempo il loro raggio d’azione si allargherà
“in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (1, 8).
Per il momento devono
restare a Gerusalemme per attendere lo Spirito Santo e far nascere la comunità
cristiana.
Come essergli testimoni?
Non è impresa superiore alle loro capacità? Sì i discepoli sono fragili,
deboli, incostanti. Il Signore lo sa. Per questo il suo annuncio gioioso: “Ed
ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso” (24, 49).
Stessa assicurazione
all’inizio degli Atti, quando Gesù invita ad attendere l’adempimento della
promessa del Padre, “quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni
battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in
Spirito Santo” (1, 4-5).
“Spirito Santo” è dunque
l’ultima parola del Risorto secondo gli Atti degli Apostoli, l’ultima sua consegna,
quasi il passaggio del testimone.
Simile l’ultima
parola del Risorto nel Vangelo di Luca: l’attesa nella quale lascia gli
Apostoli di essere “rivestiti di potenza dall’alto”: a Pentecoste saranno
investiti dalla forza dello Spirito Santo, che li renderà capaci di
testimoniare, fino alla morte, il Signore della vita.
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