giovedì 11 maggio 2017

L’audacia delle donne



È un luogo comune contrapporre il coraggio delle donne nella Passione di Gesù alla viltà degli uomini.
Le donne, che lo hanno seguito dalla Galilea a Gerusalemme, continuano a seguirlo  fin sulla strada verso il Golgota, fino ai piedi della croce, accompagnandolo nella sepoltura e incamminandosi di nuovo per andare a visitarne la tomba. Non hanno nessun timore della violenza fisica dei soldati, neppure di essere vilipese da quanti hanno condannato Gesù.
I discepoli uomini invece già nell’orto degli ulivi fuggono alla prima avvisaglia di vento contrario: diserzione completa, tradimento, rinnegamento…. Non si vede più nessuno.

Ora che siamo nel tempo di Pasqua e rileggiamo i vangeli della risurrezione appare evidente un’altra differenza tra donne e uomini, che abitualmente non viene evidenziata come invece quella della passione.
Le donne mostrano una audacia e una arditezza sconosciuta agli uomini, i quali, invece, si mostrano timidi e impacciati.
Le donne, appena videro il Risorto, così nel Vangelo di Matteo, d’impeto “abbracciarono i piedi” del Signore (28, 9).
Maria Maddalena gli si strinse addosso in maniera così forte che il Signore fu costretto a chiederle “Non mi trattenere” (Gv 20, 17).
Gli uomini invece rimangono impietriti, non sanno come muoversi, cosa fare.
Nel Vangelo di Luca Gesù deve scuoterli gli Undici e invitarli: “toccatemi” (24,38), lo stesso nel Vangelo di Giovanni, quando si rivolge a Tommaso (20, 27).
Le donne si lanciano immediatamente e toccano, gli uomini se ne stanno impalati e non osano toccare.

Mi fa riflettere questo diverso atteggiamento. La donna ama di più? O ha semplicemente bisogno di dimostrare l’affetto in maniera più sensibile?
La donna peccatrice, entrando in casa di Simone il lebbroso, tocca Gesù lavandogli i piedi con le lacrime, profumandoli, asciugandoli con i capelli.
Le donne lo toccano morto per ungerlo con il nardo e avvolgerlo nel lenzuolo.
Pietro al contrario non vuole nessun contatto fisico, dal primo “allontanati da me”, al “non mi laverai i piedi in eterno”.

Mi piace l’audacia delle donne, quel bisogno di contatto fisico, che risponde alla realtà di un Dio che si è incarnato. Egli stesso domanda di essere toccato, di entrare nella realtà della sua incarnazione, che rimane presente anche nella sua risurrezione. Ha voluto rendere presente e reale la corporeità della sua resurrezione
rimanendo tra noi in elementi materiali come il pane e il vino i quali, ancora una volta, vanno non soltanto toccati, ma addirittura presi e mangiati e bevuti: “prendete e mangiate, prendete e bevete…”.

Mi piace questa fede e quest’amore concreti, corporei, legati al toccare, propri delle donne.


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