1950: Fratel Giuseppe accoglie a Ciampino la "Madonna pellegrina" e l'accompagna in città |
Fu il primo a venire ad abitare in via Aurelia 290, agli
inizi del 1950, quando la casa era ancora in costruzione. Per tutto questo
tempo è rimasto al suo posto, tra mille incombenze, mentre generazioni di
Oblati andavano e venivano. Questa notte è partito, zitto zitto, dopo più di
sessant’anni nella stessa comunità, caso più unico che raro per un missionario.
Mi ricordava san Giuseppe Benedetto Labre che, nel 1700, per
anni si era aggirato per Roma, da una chiesa all’altra, in un pellegrinaggio perenne,
senza fissa dimora. Fratel Giuseppe D’Orazio la dimora ce l’aveva ben fissa, ma
anche lui era in moto perpetuo, non soltanto perché visitava le famiglie dei
missionari di mezza Italia e oltre, ma soprattutto perché quotidianamente si aggirava
per Roma dove, con la scusa delle commissioni, visitava chiesa per chiesa, era
presente ad ogni celebrazione di santi, ricalcava tutte le tradizioni popolari.
Conosceva tutti e tutti lo conoscevano, credendolo magari un barbone.
In casa si era monopolizzato la cappellina della Madonna
della fiducia trasformandola in un santuario personale, con devozioni a
volontà, espressione di una fede sincera e appassionata.
Ricordo quando veniva a visitarci a Vermicino: appariva d’improvviso,
all’ora meno impensata, e mai a mani vuote: dolci, immaginette e rosari; ne
faceva incetta chissà dove e chissà come perché gli piaceva avere sempre
qualcosa da donare. È un ricordo comune a tutti e ovunque. Ricordo quando una
volta stavo prendendo il volo per non so quale Paese e, nascosta sotto una immagine, mi fece scivolare tra le mani un biglietto da 10 dollari. Anche questo è un ricordo comune a tutti i
missionari…
Sabato l’ho accompagnato ancora una volta in Vaticano per le
solite commissioni, dispiaciuto di non poter prendete il bus, come faceva di
solito, con l’aiuto del suo fedele bastone e di qualcuno che si prestava a
porgergli il braccio.
Ieri mattina la novità delle flebo, che per lui non avevano
senso, se non l’inconveniente di tenerlo bloccato in letto per mezza giornata,
senza che potesse andare in città come aveva programmato. Non si è comunque
rassegnato a starsene in stanza e nel pomeriggio, una volta liberato dall’ago,
ha citofonato al superiore generale: “Questa mattina non sono potuto andare a
messa, può celebrarla adesso per me?”. “Ma veramente, a quest’ora… io ho già
celebrato”. Non ci sono santi che tengono, fratel Giuseppe scende in cappella e
il superiore deve scendere anche lui a celebrare la messa. Poi a cena con gli
altri come sempre.
Finisce così, a 97 anni, nella semplicità d’ogni giorno, una vita spesa
per Dio.
Riposa in pace caro Fratello D' Orazio
RispondiEliminaCi mancherai... perché con le tue immaginette, bigliettini,coroncine entravi nei nostri cuori e ci facevi sentire sempre presenti nella tua vita movimentata dedicata al servizio degli altri.Ti ricorderemo come un Missionario non di terre sperdute e lontane ma come un Missionario del cuore.
RispondiEliminaCi mancherai.... con le tue immaginette, bigliettini,coroncine entravi nei nostri cuori e ci facevi sentire sempre presenti nella tua vita movimentata dedicata al servizio degli altri.Ti ricorderemo come un Missionario non di terre sperdute e lontane ma come un Missionario del cuore.
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