In tutti gli scritti di padre Mario, e non soltanto nel
Diario, Eugenio de Mazenod non appare mai. Non credo ne avesse letto una
biografia, allora solo in francese e di un secolo prima. Non appare mai la
parola spiritualità oblata. Forse non se ne parlava neppure. Gli scritti del
Fondatore non erano ancora pubblicati.
Eppure padre Mario è un esponente di spicco della
spiritualità oblata. Mi pare non ci sia ancora uno studio in proposito. Varrebbe
la pena farlo.
C’è in lui un forte, costante anelito alla santità,
perseguita in tutti i modi e nonostante i ripetuti fallimenti. Sicuramente non
sapeva che sant’Eugenio, in occasione dell’approvazione della Regola, aveva dato
la consegna a tutti gli Oblati: “In nome di Dio, siamo santi”.
Ha capito benissimo in cosa consiste l’oblazione e l’ha
vissuta in unione costante con Cristo immolato, come espressione del proprio
sacerdozio. Eppure la parola “oblazione” è quasi assente dal suo vocabolario.
Lo slancio missionario lo caratterizza fin dall’inizio e l’ha
immortalato nelle parole alla sorella, oggi suo slogan identitario: “Noi
missionari siamo fatti così…”.
L’amore per Dio, per i fratelli, per i poveri, riempie le
sue pagine ed è la chiave della sua santità.
Ma non c’è mai una citazione di una frase di sant’Eugenio o
della letteratura oblata, che egli semplicemente ignorava perché non faceva
parte del bagaglio che allora veniva consegnato.
Dunque, dove ha trovato la strada per diventare Oblato? Mi
pare di capire che ha tutto ricevuto attraverso la Regola, che ne contiene l’essenza,
e dalla tradizione, fatta non di libri ma di testimonianza viva della comunità.
La
dichiarazione d’identità è lapidaria: “Ci tengo a notare che io ho lo spirito
del Fondatore solo con una buona dose di voglia
d'esser santo, di fare la volontà di Dio e null'altro”. Ma
è una dichiarazione alla Mario: “Se incappo in illusioni per il fatto che Gesù
desidera da me anche un amore affettivo
per le regole, tradizioni (optima legum
interpres) eccetera, sono quasi
fritto: se è sufficiente l'amore effettivo sono quasi salvo” (30 ottobre
1956).
Mario accoglie la Regola come espressione del Vangelo, come
appare più volte nel Diario. Così ad esempio in data 17 febbraio 1957: “Vacanza
grande: è l'anniversario dell'approvazione delle
Regole. P. Superiore, stamane, ha parlato cosi bene della Regola, strada dei cielo.
Luce, amore, Sangue, simbolismi, e realtà care a Giovanni, Via, Verità, Vita,
Croce, nomi sacri dei Vangelo per me sono la Regola e perciò è Santa. Qui è la
strada che conduce a Cristo. Tutta la bellezza del Vangelo (…); se per Vangelo
intendo quella raccolta di precetti e consigli che conducono alla Santità, alla
Vita eterna, me e le anime che mi avvicineranno. Non devo e non voglio cercare
Gesù altrove se non là dove me l'addita la Chiesa Cattolica, sua Sposa
vermiglia: quam acquisivit
sanguine suo. ‘Parla il Papa!’ ma non solo dalla
loggia Vaticana, alla
Radio, ma per me solo da questo libretto, dalle pagine di un libretto che lascio
spesso in fondo al banco a sonnecchiare e nel cuor mio a
dormire della grossa. "Credo nella Chiesa Cattolica": lo dico tutti i
giorni, e perciò credo alla Regola. (…) La Regola mi offre l'occasione di non
essere un parassita dell'Eucaristia. Se devo vivere
la mia Messa, ossia il Sacrificio, la Regola mi offre uno splendido
allenamento. (…) Quando alla professione, una mano
sacerdotale mi dava la Regola e mi diceva ‘hoc fac et vives’
c'era Gesù accanto che soggiungeva: Ego vobiscum!
E basta”.
A questa condizione aveva fatto i voti perpetui, il 21 novembre 1956: “Alla Comunione ho recitato ad alta
voce con fermezza la mia oblazione
perpetua (…). Poi mi hanno imposto la croce, lo scapolare,
mi hanno dato la regola: Hoc fac et
vives. Se farò questo vivrò, e ho perciò deciso che
finché vivrò farò senz'altro questo e null’altro”.
Due
testi ancora, nei quali, dietro la Regola, si intravede la comunità – l’amatissimo
convento – e Maria Immacolata.
25 febbraio 1957: “E
pregai bene, solo fra le mura del mio ormai amatissimo
Convento: sì, perché stamane avevo pensato di
chiedere al Cristo nato da me, la grazia assicurata del martirio (…); e invece
chiesi di osservare sempre alla perfezione la Regola dei Missionari Oblati di Maria Immacolata”.
18 marzo 1957: Maria “è l'unica che mi può aiutare ad
osservare la mia Regola di suo Oblato;
e devo dirlo: la Regola per me è l'unica scorciatoia alla santità. La Regola
che mi ha dato in mano l'Immacolata come testimone del suo
Amore per me: e che io devo amare”.
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