Mi preparo alla festa di sant’Eugenio, il 21 maggio, leggendo alcuni piccoli episodi che la gente amava raccontare a suo riguardo. Lo considerava un santo perché vicino a loro.
D’inverno, vestito da semplice prete, incontra per la città
un poverello. Un sacerdote, senza essere notato, lo vide togliersi le scarpe, obbligare
quello a calzarle, prendere frettoloso la via del vescovado, cercando di
coprirsi i piedi con la veste.
Il nipote Boisgelin racconta: “Andando per la diocesi in
carrozza s’imbatte in un carrettiere che suda e bestemmia senza riuscire a
trarre il carro da un pantano. Scende, si mette di fianco ai cavalli e getta
tali grida che questi prendono l’abbrivo”.
P. Lemius racconta che in un quartiere della vecchia
Marsiglia una popolana si trova Monsignore accanto alla culla del suo piccino,
intento a calmarne gli strilli: passando lo aveva sentito e non aveva saputo
resistere.
E il vecchio Gérangier: “Avevo undici anni (1857) e coi
compagni del quartiere andavo a giocare a la
Tourelle. Spesso quando usciva dal vescovado veniva a piedi verso di noi e
con una tenerezza tutta paterna, ci parlava in dialetto. Ci sembrava di vedere
Gesù che si avvicinava ai bambini dicendo: Lasciate che vengano a me”.
Un modo per incontrare la sua gente, specialmente quelli dei
quartieri poveri della città, era andare a conferire la cresima. Giuseppe
Geronimo Gabriel racconta in proposito: “Aveva una dedizione e commovente carità
per i poveri. L’ho visto penetrare nelle più umili case, contento di consolare
gli sventurati e soccorrerli con abbondanti elemosine. Metteva una grande
alacrità nel recarsi dai malati che non avevano ricevuto la cresima, per
amministrare loro questo sacramento. Era molto buono al riguardo, ne sono stato
testimone molte volte”. “Bisogna vedere come amava i poveri, ai quali ha
consacrato la vita”.
Padre Gandar: “Un giorno, abbandonato il suo lavoro, lasciò
la seguente nota: Devo uscire per andare a confessare un anziano di 86 anni,
che vuole solo me”.
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