Gratitudine per tutto, anche e soprattutto per la vita d'ogni giorno |
Non si è trovato nessuno che
tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero? (Lc 17, 11-19)
Quando riceve un dolce o un
regalo il bambino ne è subito preso, affascinato, al punto da dimenticare il
donatore. Allora la mamma lo invita a ringraziare: «Come si dice?». «Grazie!».
È un atto di cortesia sempre gradito, a cui occorre educare.
Nel Vangelo di oggi il grazie
dello straniero per essere stato guarito è ben più di un atto di cortesia. Loda
Dio a gran voce, si getta ai piedi di Gesù, rende gloria a Dio. Riconosce che
la guarigione ricevuta non gli è dovuta, è frutto soltanto della gratuità dell’amore
di Gesù. È questo che ha scoperto lo straniero! Gli altri, quelli di casa,
abituati a ricevere, non l’hanno capito.
Capita di fermarsi al dono e di
dimenticare il Donatore.
Il samaritano ha compreso l’amore di Dio. La consapevolezza
della presenza di Gesù, apparsa improvvisa nella sua vita, ha tramutato la
guarigione dalla lebbra in salvezza eterna.
Anche gli altri sono stati
guariti, ma non hanno ricevuto la salvezza, la guarigione integrale, la vita
nuova. Gli altri, pur guariti, dopo qualche anno sono morti. Lui, il
samaritano, grazie alla salvezza ottenuta non è morto: vive per sempre, di
quella pienezza di vita di cui la guarigione fisica era segno.
Su tutti Dio fa sorgere il sole,
a tutti dona il pane quotidiano, a tutti dona la vita. Ma per avere la salvezza
occorre riconoscerlo in ogni suo dono. Solo allora comincia la vita nuova:
«alzati», ed ecco il nuovo cammino: «va’», e l’esito finale diviene sicuro:
«la tua fede ti ha salvato».
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