Il
14 settembre, la mattina nella quale iniziava il Capitolo generale, motiva d’infarto
Kennedy Katongo.
L’11
ottobre, durante la messa di chiusura del Capitolo generale, moriva d’infarto
Giovanna Calma, COMI di Catania.
Due
sigilli di valore per un grande evento.
Coscienti
oppure no, il senso della vita è proprio la morte. “Senso” nel significato di
direzione. Fin dalla nascita siamo incamminati verso quella meta. Spesso
facciamo di tutto per non ricordare dove siamo diretti, per esorcizzare la
morte, procedendo senza una meta. Ma non si intraprende un viaggio senza una
meta, sarebbe un girovagare insulso. Il “senso”, la direzione della vita – la
morte – è ciò che le dà “significato”. Non è un assurdo affermare che si vive
per morire. Lo sarebbe se la morte fosse la fine cieca della vita, l’accesso al
nulla. Essa è piuttosto una porta che si spalanca sul cielo, il luogo a cui
siamo chiamati dalla nascita.
“Per tutti la morte ha uno sguardo”, scriveva Cesare
Pavese in una celebre poesia, “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”. Per lui
erano quelli dell’amata Constance
Dowling. Al Petrarca, come scrive nei Trionfi, la morte non faceva paura
perché essa aveva toccato Laura.
I veri occhi della morte sono quelli del Signore ed essa
non fa paura perché prima ha toccato lui stesso, che è morto per raggiungerci
nel momento della morte. Se egli è morto, posso morire anch’io. Se egli ha
fatto propria la morte, essa non mi fa più paura: è soltanto l’incontro con lui
che viene a prendermi per unirmi a sé per sempre. Gesù è salito al cielo per prepararci un posto e
lì ci aspetta.
Perché
parliamo così poco della morte, dell’incontro con Gesù, del cielo, del
paradiso? Soltanto in questo vi è la risposta appagante del desiderio, capace
di inverare, nella radice più profonda, ogni altro desiderio. In ogni persona è
presente l’anelito all’incontro con Dio, ma come un fuoco sotto la cenere: va
rinfocolato. Ogni morte, attorno a noi, dovrebbe smuovere le braci e riattizzare
il fuoco, il desiderio del cielo.
Qua
siamo accampati, come profughi sotto le tende che non vedono l’ora di tornare a
casa, quella vera, il Paradiso, dove non ci sarà più né lutto né pianto, come
ci dicono le Sacre Scritture.
La
morte è una porta che si spalanca sulla realtà vera e immette al cospetto di
Dio. Anche chi ha dubitato o chi non ha mai creduto, finalmente potrà
incontrarlo. Non più la zavorra del dubbio, dell’incredulità, ma neppure degli
attaccamenti che mortificano lo slancio verso l’abbraccio. Saremo davanti a
lui, Dio “ricco di misericordia e grande nell’amore”. Dopo tanta lontananza
potremo riabbracciarci.
Grazie, Fabio, io sono nella retta finale e voglio fare lo sprint in questa luce. Joaquín OMI
RispondiEliminaSarà che allora gli dev'essere proprio "scoppiato il cuore di gioia" nel rivedersi e trovarsi insieme, Kennedy e Giovanna, nell'abbraccio eterno del Padre.
RispondiEliminaGrazie, padre Fabio, Chiara da Maratea.
Grazie Fabio. Letto in qualche classe, soprattutto nelle quarte e nelle quinte. Guglielmo
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