Di prima
mattina sulla metro prendo il giornale che viene distribuito gratis e in prima
pagina leggo: “Caos rifiuti e sporcizia. Il degrado è Capitale”. È vero, basta
guardare com’è ridotta la metropolitana.
Eppure…
Bastano due passi fuori e si respira un’altra aria.
Parto da
Porta Capena, da dove iniziava la Via Appia e mi avvio sulla “regina viarum”,
che portava fino a Capua e successivamente fino a Brindisi, collegando prima con il sud d’Italia, poi con l’Oriente. (Il nord Europa allora non aveva
nessuna importanza…) Cammino fino a quando, dopo Ciampino, la strada comincia a
perdersi. Sono più di quattro ore, ma impiego quasi tutta la giornata perché ho
le mie soste programmate.
La prima
alla monumentale porta san Sebastiano, sulla cinta delle mura Aureliane. Non
sono mai salito sugli spalti e neppure sulle torri. Tutto attorno è una distesa
di verde e l’occhio si perde lontano, sui Colli Albani, in un nitido mattino.
Poi la
chiesetta del Quo Vadis. Leggo la lapide dettata dall’eremita Pasquale Falusca
da Montasola, che racconta di Pietro che lascia Roma per sfuggire dalla
persecuzione e di Gesù che invece va verso Roma per essere crocifisso di nuovo.
Che altro avrebbe dovuto fare il povero Pietro se non tornare sui suoi passi,
pronto al martirio? Intanto Gesù ha lasciato sulla pietra le sue impronte, che
adesso sono custodite nella chiesa di san Sebastiano, alle catacombe che
portano il suo nome. Debbo dunque sostare necessariamente nella basilica,
sempre sull’Appia, per ammirare le presunte impronte, ma soprattutto per
pregare con i martiri.
Poco più
avanti il palazzo, il circo e il mausoleo di Massenzio. L’ho visto tante volte
passando da fuori; oggi è il momento adatto per entrare e passeggiare tra i
prati, in mezzo ai ruderi maestosi di una gloria passata.
Il
cammino prosegue, tra rosari e lettura del Vangelo di Luca, che deve aver
percorso questa strada per venire a Roma, come l’ha percorsa Paolo, assieme ai
cristiani che erano andati ad accoglierlo fin nell’Agro pontino alle Tre
Locande.
Me li
rivedo questi santi percorrere la consolare. Sento anche il rumore del carri
dei mercanti, i passi cadenzati delle legioni romane, le grida dei 6000 seguaci
di Spartaco crocifissi lungo la via (erano ben barbari questi Romani, che pure
hanno costruito questa meravigliosa via e l’hanno adornata, lungo tutto il
percorso, di ville e monumenti).
Lentamente
la storia lascia il posto alla geografia. È facile lasciarsi avvolgere dai paesaggi
campestri, silenziosi e assolati, dai cipressi e dai pini, dai “basoli”, le
solide pietre di basalto che pavimentano la strada.
Una
giornata di ritiro originale, tra storia arte e natura, nel silenzio antico, con
presenze vive che camminano con me.
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