In quest’ultimo periodo ogni domenica ho accompagnato un gruppo di Oblati a visitare Roma sulle orme di sant’Eugenio. Sono stati “pellegrinaggi” che hanno comunicato a tutti una gioia profonda. Roma è sempre Roma, ma vista con gli occhi di sant’Eugenio ha un altro fascino ancora.
Roma, «è come un compendio
del cristianesimo – scrive il 6 dicembre 1825. Qui tutto è santo per chi ci
viene da autentico pellegrino cristiano; io ci vedo solo gli apostoli, i
martiri, i santi confessori di tutti i tempi: non esiste angolo di Roma che non
sia un monumento di fede e di devozione… Qui si ritrovano tutti i santi, da S.
Pietro fino al beato Benedetto Labre e ad altri più moderni». Era la prima
volta che visitava la città eterna. Ne rimase subito conquistato. Vi tornò altre
cinque volte e sempre andò alla ricerca delle tombe dei santi e dei luoghi del
loro passaggio.
Era impressionato dalla
bellezza delle chiese: ha lasciato delle note su una quarantina di quelle visitate.
Il suo soggiorno a Roma si trasformò in un continuo pellegrinaggio.
Nel diario e nelle
lettere descrive nei minimi particolari anche gli antichi monumenti che ama
visitare: il Colosseo e il Foro romano, il Panteon, il Corso, Castel Sant’Angelo,
la Cappella Sistina, i Musei Vaticani, la Cupola di san Pietro, le Catacombe…
Di ogni chiesa, di ogni monumento scrive la storia, e annota i sentimenti che
gli nascono in cuore.
Dall’Aventino, forse dal Giardino
degli aranci, ammira la città: «La vista è deliziosa – annota nel diario l’8
febbraio 1826 – si vede Roma di fronte e di lato, da un’altezza che fa scoprire
punti di vista molto pittoreschi. Il Tevere scorre in basso alla collina e
conduce dirimpetto i bastimenti che risalgono questo fiume per venire a
caricare e merci a Ripa Grande».
Si trovava bene anche
perché dalla sua stanza aveva una meravigliosa vista su tutta Roma: «Sono
contento del bello spettacolo che scopro dalla mia finestra da dove spazio su
tutta la città vedendo davanti a me, sotto il giardino della casa dove abito, i
giardini di Palazzo Colonna; di fronte, a poca distanza, le cupole del Gesù e
di altre chiese; un po’ più lontano S. Andrea della Valle; a sinistra la Colonna
Traiana, a poca distanza da lì il Campidoglio, a destra S. Ignazio, il Collegio
Romano e l’osservatorio; più lontano la Colonna Antonina, Montecitorio, piazza
del popolo e tanti altri notevoli edifici; al di sopra di tutto questo bel
Vaticano e questa incomparabile cupola di S. Pietro: tutta la città insomma»
(Diario, 13 dicembre 1825).
Si interessa soprattutto
dei santi visitando i luoghi dove essi hanno vissuto e le loro reliquie: Caterina
da Siena, Filippo Neri, Francesca Romana, Francesco Borgia, Giovanni Berchmans,
Giuseppe Calasanzio, Giovanni Leonardi, Giuseppe Benedetto Labre, Ignazio di
Loyola, Leonardo da Porto Maurizio, Luigi Gonzaga, Paolo della Croce, Stanislao
Kostka… Durante le
sue visite, a Roma c’erano anche santi viventi come Vincenzo Pallotti, Gaspare
del Bufalo, Anna Maria Taigi, Elisabetta Canori Mora...
I santi diventano la sua passione. Ne legge le biografie, ne parla con i
religiosi dei rispettivi Ordini. Va a studiare la vita e le opere di
sant’Alfonso de Liguori nella casa dei Redentoristi in via Monterone. Dalle
note dei conti economici che redige con precisione ogni mese, appare che la
spesa maggiore, oltre a quella per la pensione, è riservata all’acquisto di
libri di storia, teologia, e vite dei santi.
Il 3 dicembre 1825 scrive a Tempier: «Ieri ho letto d'un fiato la vita di S. Giuseppe Calasanzio: c’è di che
confortarsi quando incontriamo sofferenze simili a quelle cui siamo troppo
spesso esposti. (…) Se i santi sono stati trattati in tal modo, c'è da
meravigliarsi che noi siamo provati a nostra volta?».
Partecipa
alle liturgie e alle devozioni che si praticano nelle varie chiese, annotandone
i particolari. Celebra il Giubileo del 1825, vive la Settimana santa del 1926
in Vaticano, assiste alle beatificazioni, celebra all’altare della confessione
in san Pietro.
È
colpito soprattutto dalla pietà dei romani, come scrive il 18 dicembre 1825
dopo aver partecipato alla venerazione delle reliquie della Passione in san
Pietro: «Fui estasiato dal silenzio profondo che regnò in tutta questa immensa
basilica durante la cerimonia. Tutti erano in ginocchio e pregavano con molta
pietà. Tutti erano in ginocchio e pregavano con molta pietà. La folla era
immensa. A questo proposito devo fare un’osservazione su quanto ho visto da
quando sono a Roma percorrendo continuamente le chiese: è che sempre e
dappertutto ho visto regnare un grandissimo decoro, e che la pietà dei
pellegrini, tutta gente del popolo, poveri contadini, la maggior parte laceri,
mi edifica sempre di più».
Roma
è poi la città del papa. Vi ha incontrato Leone XII, Gregorio XVI, Pio IX, con
ognuno dei quali ha avuto un rapporto molto profondo.
Inoltre Roma... perché non la visitiamo insieme?
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