giovedì 20 ottobre 2016

Uno sguardo su Roma



In quest’ultimo periodo ogni domenica ho accompagnato un gruppo di Oblati a visitare Roma sulle orme di sant’Eugenio. Sono stati “pellegrinaggi” che hanno comunicato a tutti una gioia profonda. Roma è sempre Roma, ma vista con gli occhi di sant’Eugenio ha un altro fascino ancora.
Roma, «è come un compendio del cristianesimo – scrive il 6 dicembre 1825. Qui tutto è santo per chi ci viene da autentico pellegrino cristiano; io ci vedo solo gli apostoli, i martiri, i santi confessori di tutti i tempi: non esiste angolo di Roma che non sia un monumento di fede e di devozione… Qui si ritrovano tutti i santi, da S. Pietro fino al beato Benedetto Labre e ad altri più moderni». Era la prima volta che visitava la città eterna. Ne rimase subito conquistato. Vi tornò altre cinque volte e sempre andò alla ricerca delle tombe dei santi e dei luoghi del loro passaggio.

Era impressionato dalla bellezza delle chiese: ha lasciato delle note su una quarantina di quelle visitate. Il suo soggiorno a Roma si trasformò in un continuo pellegrinaggio.
Nel diario e nelle lettere descrive nei minimi particolari anche gli antichi monumenti che ama visitare: il Colosseo e il Foro romano, il Panteon, il Corso, Castel Sant’Angelo, la Cappella Sistina, i Musei Vaticani, la Cupola di san Pietro, le Catacombe… Di ogni chiesa, di ogni monumento scrive la storia, e annota i sentimenti che gli nascono in cuore.
Dall’Aventino, forse dal Giardino degli aranci, ammira la città: «La vista è deliziosa – annota nel diario l’8 febbraio 1826 – si vede Roma di fronte e di lato, da un’altezza che fa scoprire punti di vista molto pittoreschi. Il Tevere scorre in basso alla collina e conduce dirimpetto i bastimenti che risalgono questo fiume per venire a caricare e merci a Ripa Grande».
Si trovava bene anche perché dalla sua stanza aveva una meravigliosa vista su tutta Roma: «Sono contento del bello spettacolo che scopro dalla mia finestra da dove spazio su tutta la città vedendo davanti a me, sotto il giardino della casa dove abito, i giardini di Palazzo Colonna; di fronte, a poca distanza, le cupole del Gesù e di altre chiese; un po’ più lontano S. Andrea della Valle; a sinistra la Colonna Traiana, a poca distanza da lì il Campidoglio, a destra S. Ignazio, il Collegio Romano e l’osservatorio; più lontano la Colonna Antonina, Montecitorio, piazza del popolo e tanti altri notevoli edifici; al di sopra di tutto questo bel Vaticano e questa incomparabile cupola di S. Pietro: tutta la città insomma» (Diario, 13 dicembre 1825).

Si interessa soprattutto dei santi visitando i luoghi dove essi hanno vissuto e le loro reliquie: Caterina da Siena, Filippo Neri, Francesca Romana, Francesco Borgia, Giovanni Berchmans, Giuseppe Calasanzio, Giovanni Leonardi, Giuseppe Benedetto Labre, Ignazio di Loyola, Leonardo da Porto Maurizio, Luigi Gonzaga, Paolo della Croce, Stanislao Kostka… Durante le sue visite, a Roma c’erano anche santi viventi come Vincenzo Pallotti, Gaspare del Bufalo, Anna Maria Taigi, Elisabetta Canori Mora...
I santi diventano la sua passione. Ne legge le biografie, ne parla con i religiosi dei rispettivi Ordini. Va a studiare la vita e le opere di sant’Alfonso de Liguori nella casa dei Redentoristi in via Monterone. Dalle note dei conti economici che redige con precisione ogni mese, appare che la spesa maggiore, oltre a quella per la pensione, è riservata all’acquisto di libri di storia, teologia, e vite dei santi.
Il 3 dicembre 1825 scrive a Tempier: «Ieri ho letto d'un fiato la vita di S. Giuseppe Calasanzio: c’è di che confortarsi quando incontriamo sofferenze simili a quelle cui siamo troppo spesso esposti. (…) Se i santi sono stati trattati in tal modo, c'è da meravigliarsi che noi siamo provati a nostra volta?».

Partecipa alle liturgie e alle devozioni che si praticano nelle varie chiese, annotandone i particolari. Celebra il Giubileo del 1825, vive la Settimana santa del 1926 in Vaticano, assiste alle beatificazioni, celebra all’altare della confessione in san Pietro.
È colpito soprattutto dalla pietà dei romani, come scrive il 18 dicembre 1825 dopo aver partecipato alla venerazione delle reliquie della Passione in san Pietro: «Fui estasiato dal silenzio profondo che regnò in tutta questa immensa basilica durante la cerimonia. Tutti erano in ginocchio e pregavano con molta pietà. Tutti erano in ginocchio e pregavano con molta pietà. La folla era immensa. A questo proposito devo fare un’osservazione su quanto ho visto da quando sono a Roma percorrendo continuamente le chiese: è che sempre e dappertutto ho visto regnare un grandissimo decoro, e che la pietà dei pellegrini, tutta gente del popolo, poveri contadini, la maggior parte laceri, mi edifica sempre di più».

Roma è poi la città del papa. Vi ha incontrato Leone XII, Gregorio XVI, Pio IX, con ognuno dei quali ha avuto un rapporto molto profondo.

Inoltre Roma... perché non la visitiamo insieme?



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