P. Giuseppe Rebussi, prima missionario in Laos ora in Indonesia, ha presieduto la nostra messa e ci donato la sua prospettiva della Croce:
Il giorno del Signore.
Forse lo gustiamo meglio noi nella missione questo raggruppamento di persone,
dove la gente, che viene da lontano, si raduna in anticipo e rimane più a lungo
dopo la messa per parlare e salutarsi.
Anche oggi siamo
chiamati ad ascoltare la parola del Signore. Una parola, quella di
oggi, che è sembrata dura a Pietro, al quale è stata rivolta per primo : Gesù
prende la croce e la porta per la strada che il Padre gli ha indicato e chiede
a Pietro di seguirlo, di fare altrettanto.
Prendi la tua croce e
seguimi.
Sappiamo bene che quel
giorno Pietro era stato scelto per rappresentarci e che quindi quella parola,
quell'invito era rivolto a tutti noi che ci dichiariamo suoi discepoli.
In verità noi
cattolici siamo abbastanza proliferi nel mettere la croce in primo piano. Da
parroci lo facciamo ad ogni processione: chiediamo al crocifero di precederci.
Le nostre chiese, dentro e fuori, sopra i tetti e sui muri, come nelle
suppellettili della nostra liturgia sono fortemente segnate dalla croce. Come
Oblati siamo contrassegnati da una grande e vistosa croce. Altrettanto fanno i
vescovi e i membri di tante congregazioni maschili e femminili. I
fedeli, uomini e donne non sono da meno, con croci più piccole ma più costose…
Da noi è piuttosto la corona del rosario sempre terminante con la croce ben in
vista sul petto. Durante la guerra di Timor Est, anche i soldati non cristiani,
compresi alcuni mussulmani, si procuravano una croce o un rosario e a
volte ne chiedevano la benedizione prima di partire al fronte…
Ma queste croci di
decorazione e di distinzione certamente giuste e legittime, non sono
necessariamente il segno della sequela di Cristo e portatrici di salvezza per
il mondo…
La
croce che il Cristo ci impone portatrice di salvezza non è necessariamente
quella cruenta del Calvario, ma quella della fedeltà, quella che lui stesso
incominciò a portare dopo i primi mesi di successo popolare, quando Gesù
cammina verso la contestazione, le incomprensioni, i tradimenti….
E questo in verità
vale per ogni strada pienamente umana, nella vita professionale, la vita
affettiva o familiare che esige croci che costano, spesso molto dolorose. Non
si può salvare capra e cavoli, come dice la saggezza popolare, bisogna scegliere,
lasciare e portare con chiarezza….
Perciò Gesù ci dice
che bisogna morire per svolgere la nostra missione. E in questa morte risiede
la pienezza della vita
Il segreto di questa
condotta in apparenza, anche di fronte alle sconfitte, alle delusioni e alla
sofferenza.
Le prove non ci mancano. Nel 1975 un
centinaio di missionari nel Laos, come in Cambogia e nel Vietnam, in pochi
giorni si videro distrutta la missione che amavano più di se stessi,
l’anno seguente molti ripartirono per la stessa missione in luoghi nuovi, noi
in Indonesia, altri altrove ed a tutti costoro che rimasero così fedeli, Dio ha
mostrato la sua ben più grande fedeltà, creando nuovi gruppi di credenti e
nuove diocesi per la vita della Chiesa, e, al ritmo da Lui.
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