Quando
lessi Lezioni americane di Italo Calvino mi affascinò la prima, dove parla
della “leggerezza”, come una delle caratteristiche della scrittura del nuovo
millennio.
Ora mi
capita di riprendere tra mano Lettere a
una sconosciuta di Antoine de Saint-Exupéry. Anche qui, nella prima
lettera, un’altra grande analoga lezione di scrittura: “Non si deve imparare a
scrivere ma a vedere. Scrivere è una conseguenza. Lui [si riferisce a un autore
di cui aveva appena visto un’opera teatrale] invece prende un oggetto e cerca
di abbellirlo. Le parole diventano strati di pittura. Anziché liberare l’essenza,
lui aggiunge ornamenti arbitrari… Bisogna invece chiedersi: «Come posso rendere
quell’impressione?»”.
È inutile
scrivere che quella cosa è bella. Lo deve dire il lettore che ascolta la tua
descrizione.
È inutile
dire che quell’evento è straordinario. Lo deve dire il lettore sentendo la
passione con la quale lo racconti…
Non
vale soltanto per la scrittura. Vale per ogni azione, ogni opera, ogni
rapporto. La misura è la convinzione con la quale le vivi e le condividi.
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