Con la Scuola Abbà stiamo ultimando
la composizione di un libro scritto insieme, da una trentina di persone:
semplicemente una follia, perché il libro non è una serie di saggi individuali,
ma frutto di colloqui e dialoghi tra noi.
Leggendo insieme quanto abbiamo
scritto, mi sono tornate alla mente le Lezioni
americane di Italo Calvino. La prima edizione uscì postuma nel 1988, con le
sei conferenze che aveva appena dato due anni prima all’Università Harvard nel
Massachusetts.
Inizia parlando della “leggerezza”,
in base alla propria esperienza:
“Dopo quarant’anni che scrivo fiction… è venuta l’ora che io cerchi
una definizione complessiva per il mio lavoro; proporrei questa: la mia
operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso… ora alle figure,
ora ai corpi celesti, ora alle città… alla struttura del racconto e al linguaggio…
perché sono portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto”.
In queste parole mi pare di
avvertire un forte appello all’ascetica tipica dello scrivere.
Mi piace poi la chiarificazione di
cosa egli intende per leggerezza:
“La leggerezza per me si associa con
la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso. Paul Valéry ha detto: Il faut être léger
comme l’aiseau, et non comme la plume”.
La piuma è leggera di per sé, per
questo va qua e là in maniera inconsistente, dove la porta il vento. L’uccello
è leggero perché lo vuole, a colpi d’ala e va dove lui vuole. Se ferma lo
sforza è subito pesante e cade a terra.
Sublime lezione sulla scrittura.
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