giovedì 2 febbraio 2017

Ravasi, l'amore e la sesta prova dell'esistenza di Dio



Gianfranco Ravasi è sempre stato un compagno di viaggio. L’ho incontrato personalmente poche volte, ma i suoi scritti mi seguono costantemente. A cominciare da quelli settimanali sul Domenicale del Sole 24 ore. Su questo giornale ho avuto anche l’onore di una sua recensione per il libro La storia di Dio e la mia. Non ha invece recensito Parlaci di Lui. I racconti di Cafarnao. O meglio, ho avuto di più: una recensione tutta personale, un suo biglietto nel quale, il 12 dicembre 2008, mi scriveva, riguardo a questo libro: “Grazie, caro p. Fabio, per le Sue parole che sono state per me un bel dono natalizio. Sto leggendo con vero gusto il Suo libro intenso e “fragrante”… Con amicizia, + Gianfranco Ravasi”.

Oggi, a Villa Bonaparte, a Roma, è stato insignito della Légion d’Honneur con decreto del Presidente della Repubblica francese. Nel suo discorso ha ripercorso il suo “viaggio dell’anima e della mente” nella letteratura francese. Come lui solo sa fare, anche in questa occasione ha colto alcune perle dei grandi autori del Novecento. Due mi hanno colpito in modo particolare.

La prima, d’ordine “morale”, è di Albert Camus: “Dovessi scrivere io un trattato di morale, avrebbe cento pagine, novantanove delle quali assolutamente bianche. Sull’ultima poi scriverei: Conosco un solo dovere ed è quello di amare. A tutto il resto dico no”.

La seconda, d’ordine “dogmatico”, è di Jacques Maritain: “Se un tempo bastavano cinque prove per l’esistenza di Dio, oggi l’uomo le ritiene insufficienti e ne vuole una sesta, la più completa, la più autorevole: la vita di coloro che credono in Dio”.


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