Nascosto
in un angolo buio, dietro una imponente scaffalatura dell’Archivio generale
degli Oblati a Roma, si cela un piccolo gioiello: una tavola dipinta con colori
vivaci. Vi è rappresentato Eugenio de Mazenod che consegna a papa Leone XII la
Regola per l’approvazione.
Il
giovane Fondatore degli Oblati è in ginocchio davanti al papa, assieme ad un
altro Oblato, presumibilmente il suo primo compagno. Alla sinistra del papa
benedicente il cardinale Pacca, che tanto ha fatto perché la Regola venisse
approvata. Dall’altro lato due monsignori, che non mancano mai attorno a un
papa…
Una
ricostruzione scenica di grande effetto, che però non risponde alla realtà.
Sant’Eugenio era stato in udienza dal papa due mesi prima, in maniera molto più
dimessa. Quando all’altro Oblato… sta a indicare la vicinanza morale di padre
Tempier, che ha seguito con grande affetto Eugenio, ma rimanendo a Marsiglia. Eugenio
a Roma ha vissuto sei mesi da solo, lavorando perché la sua Regola fosse
approvata. Fa comunque un bell’effetto, a mani giuste, come per assecondare il
Fondatore con preghiera, premura e partecipazione; dicono che l’artista vi abbia
ritratto padre Luigi Rossetti, ancora giovane studente al tempo della
composizione del quadro. Quanto al cardinale, vi è ritratto il superiore
generale degli Oblati dell’epoca, Dontenwill, che era arcivescovo.
La
tavola sembra databile al 1926, un anno memorabile per gli Oblati; si
celebravano appunto i 100 anni dell’approvazione delle Regole degli Oblati da
parte di papa Leone XII. Abbiamo un volume della rivista “Missions”, di quasi
500 pagine, che racconta le celebrazioni tenute per l’occasione nel mondo
intero.
In
particolare il 17 febbraio 1926 segnò il momento culmine della festa; fra l’altro
quel giorno fu chiesto ufficialmente al vescovo di Marsiglia di iniziare l’iter
per la beatificazione del Fondatore, mons. de Mazenod. Quell’anno si celebrò
anche il 21° Capitolo generale per adeguare le Regole, approvate 10° anni
prima, al nuovo Codice di diritto canonico promulgato poco prima nel 1917. Fra
l’altro il Capitolo decretò: «Il 17 febbraio di ogni anno sarà celebrato l’anniversario
della conferma dell’Istituto e l’approvazione delle Regole e Costituzioni da
parte del nostro padre, papa Leone XII».
Nell’archivio
non ho trovato tracce documentarie di questo quadro, ma da una foto d’epoca
appare che si tratta di un particolare di una tavola molto grande, alta almeno
quattro metri, nella quale non soltanto si raccontava dell’approvazione, ma si
illustrava anche la missione della congregazione in quattro quadri raffiguranti
Asia, Africa, Canda, Europa.
Eseguito
probabilmente a Roma rimase alla casa generalizia in via Vittorino da Feltre
fino al 1950, anno in cui la sede si spostò in via Aurelia. La tavola fu
smontata e nel trasloco i quattro quadri raffiguranti le missioni sono spariti.
Rimane
la parte più preziosa: quel giovani sacerdote in ginocchio davanti al papa da
cui riceve la benedizione per la sua piccola famiglia: allora erano soltanto in
22 (ne conserviamo le firme). Avrebbe mai immaginato che quella piccola
famiglia sarebbe cresciuta tanto da espandersi nel mondo intero?
Il giorno
seguente, 18 febbraio, scrisse a padre Tempier e ai suoi a Marsiglia: «Amico
carissimo, cari fratelli, ieri sera, 17 febbraio 1826, il Sommo Pontefice Leone
XII ha confermato la decisione della congregazione cardinalizia ed ha approvato
in forma specifica l’Istituto, le Regole e le Costituzioni dei Missionari
Oblati della Santissima e Immacolata Vergine Maria… opera che ora possiamo
chiamare divina… Riconoscete la vostra dignità e fate attenzione a non
disonorare una Madre che è stata posta in trono e riconosciuta Regina in casa
dello Sposo, che la renderà feconda per farle generare numerosi figli, se
saremo fedeli e non faremo cadere su di lei con le nostre trasgressioni l’onta
della sterilità. In nome di Dio, siamo santi».
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