giovedì 16 febbraio 2017

Una tavola racconta il 17 febbraio 1826


Nascosto in un angolo buio, dietro una imponente scaffalatura dell’Archivio generale degli Oblati a Roma, si cela un piccolo gioiello: una tavola dipinta con colori vivaci. Vi è rappresentato Eugenio de Mazenod che consegna a papa Leone XII la Regola per l’approvazione.
Il giovane Fondatore degli Oblati è in ginocchio davanti al papa, assieme ad un altro Oblato, presumibilmente il suo primo compagno. Alla sinistra del papa benedicente il cardinale Pacca, che tanto ha fatto perché la Regola venisse approvata. Dall’altro lato due monsignori, che non mancano mai attorno a un papa…
Una ricostruzione scenica di grande effetto, che però non risponde alla realtà. Sant’Eugenio era stato in udienza dal papa due mesi prima, in maniera molto più dimessa. Quando all’altro Oblato… sta a indicare la vicinanza morale di padre Tempier, che ha seguito con grande affetto Eugenio, ma rimanendo a Marsiglia. Eugenio a Roma ha vissuto sei mesi da solo, lavorando perché la sua Regola fosse approvata. Fa comunque un bell’effetto, a mani giuste, come per assecondare il Fondatore con preghiera, premura e partecipazione; dicono che l’artista vi abbia ritratto padre Luigi Rossetti, ancora giovane studente al tempo della composizione del quadro. Quanto al cardinale, vi è ritratto il superiore generale degli Oblati dell’epoca, Dontenwill, che era arcivescovo.
La tavola sembra databile al 1926, un anno memorabile per gli Oblati; si celebravano appunto i 100 anni dell’approvazione delle Regole degli Oblati da parte di papa Leone XII. Abbiamo un volume della rivista “Missions”, di quasi 500 pagine, che racconta le celebrazioni tenute per l’occasione nel mondo intero.

In particolare il 17 febbraio 1926 segnò il momento culmine della festa; fra l’altro quel giorno fu chiesto ufficialmente al vescovo di Marsiglia di iniziare l’iter per la beatificazione del Fondatore, mons. de Mazenod. Quell’anno si celebrò anche il 21° Capitolo generale per adeguare le Regole, approvate 10° anni prima, al nuovo Codice di diritto canonico promulgato poco prima nel 1917. Fra l’altro il Capitolo decretò: «Il 17 febbraio di ogni anno sarà celebrato l’anniversario della conferma dell’Istituto e l’approvazione delle Regole e Costituzioni da parte del nostro padre, papa Leone XII».
Nell’archivio non ho trovato tracce documentarie di questo quadro, ma da una foto d’epoca appare che si tratta di un particolare di una tavola molto grande, alta almeno quattro metri, nella quale non soltanto si raccontava dell’approvazione, ma si illustrava anche la missione della congregazione in quattro quadri raffiguranti Asia, Africa, Canda, Europa.
Eseguito probabilmente a Roma rimase alla casa generalizia in via Vittorino da Feltre fino al 1950, anno in cui la sede si spostò in via Aurelia. La tavola fu smontata e nel trasloco i quattro quadri raffiguranti le missioni sono spariti.
Rimane la parte più preziosa: quel giovani sacerdote in ginocchio davanti al papa da cui riceve la benedizione per la sua piccola famiglia: allora erano soltanto in 22 (ne conserviamo le firme). Avrebbe mai immaginato che quella piccola famiglia sarebbe cresciuta tanto da espandersi nel mondo intero?

Il giorno seguente, 18 febbraio, scrisse a padre Tempier e ai suoi a Marsiglia: «Amico carissimo, cari fratelli, ieri sera, 17 febbraio 1826, il Sommo Pontefice Leone XII ha confermato la decisione della congregazione cardinalizia ed ha approvato in forma specifica l’Istituto, le Regole e le Costituzioni dei Missionari Oblati della Santissima e Immacolata Vergine Maria… opera che ora possiamo chiamare divina… Riconoscete la vostra dignità e fate attenzione a non disonorare una Madre che è stata posta in trono e riconosciuta Regina in casa dello Sposo, che la renderà feconda per farle generare numerosi figli, se saremo fedeli e non faremo cadere su di lei con le nostre trasgressioni l’onta della sterilità. In nome di Dio, siamo santi».


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