Ieri mattina sono stato
nella basilica di santa Maria Maggiore per pregare nella cappella del
Crocifisso. Mi sono fatto aprire la cappella ed ero solo, in silenzio, davanti alla
scultura lignea della prima metà del Quattrocento: un Gesù morto, ormai nella
pace, di cui rimane un gran sorriso.
Ho pensato al suo sì
iniziale quando, entrando nel mondo, disse: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la
tua volontà” (Eb 10, 5-7). Quante slancio in queste parole, quanta prontezza e
gioia nel fare la volontà del Padre.
Come diverso fu il sì
nell’orto degli olivi e sulla croce, pronunciato “con forti grida e lacrime”
(Eb 5, 7).
Imparò l'obbedienza, il suo sì, attraverso quello che patì.
Il Crocifisso
sorridente mi mostra quanto quel sì ha saputo fruttare: nella sua maternità fa
nascere la Chiesa.
Dopo la festa dell’esaltazione
della croce, ecco quella di Maria ai piedi della croce.
Fedele discepola del
Figlio, anche lei ha pronunciato i suoi due sì.
Il primo all’annunciazione,
identico a quello del Figlio: “Avvenga di me secondo la tua parola” (Lc 1, 38).
Anche questo sì con quanto slancio e gioia è stato pronunciato: il sì alla
vita, il sì alla maternità.
Poi viene il secondo,
ai piedi della croce, anche questo simile a quello del Figlio: non è più il sì
che consente la nascita, ma quello che acconsente alla privazione del Figlio,
alla sua morte. Come quello di Gesù, questo secondo sì di Maria apre a una
nuova infinta maternità.
Forse anche nella
nostra vita vi sono due sì, quello iniziale, quando la vita ci si apre davanti
e appare in tutta la sua bellezza. È facile dire di sì al disegno di Dio così promettente.
Poi ci sono altri sì,
più sofferti, “tra forti grida e lacrime”, quando il disegno di Do appare
assurdo o almeno ci è incomprensibile… Sono i sì che contano, quelli che
generano la vita.
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