Il noviziato degli Oblati a Ripalimosani, nel Molise, era stato chiuso nel 1968. Intanto a Marino era iniziata la splendida avventura di una nuova comunità oblata, aperta all’accoglienza dei giovani. Il noviziato, dopo l’anno di chiusura, riaprì i battenti proprio a Marino. Era tutto nuovo: nuova la casa, nuovo il maestro, nuova l’impostazione, perché era appena stata promulgata l’Istruzione Renovationis causam, nuovo lo spirito, che si ispirava all’Ideale dell’unità dell’Opera di Maria.
Noi sette
novizi (Celso, Rino, Peppino, Raffaele Fiorenza, Raffaele Moretto, Stefano e io) eravamo persone piene di buona volontà, ma ancora slegate l’una dall’altra,
provenienti da esperienze molto diverse. Dovevamo imparare a morire a noi stessi
per dare vita a Gesù tra noi. Fu un esercizio difficile, pieno di fallimenti,
ma non venimmo meno al desiderio di ricominciare sempre e di andare avanti
nonostante le difficoltà. Eravamo circondati da un amore, una fede e una pazienza
senza limite dei nostri Padri, p. Marino Merlo, maestro dei novizi, p. Santino
Bisignano, superiore, p. Angelo Dal Bello, p. Marcellino Sgarbossa, p. Marcello
Fidelibus...
Arrivammo così al 29 settembre di 50 anni fa.
Dal diario del noviziato:
29 – 9 –
1970
Alle 16.30
si è svolta la liturgia della nostra professione religiosa. La celebrazione è
stata presieduta dal rev.mo Padre Generale. All’omelia, p. Contiguglia ha
rievocato le vie della Provvidenza sulla opera di Marino, cominciando dal
sacrificio di P. Armando Messuri a cui si è ispirata la generosità della nostra
benefattrice [Caterina Solina]. Si è soffermato pure sul significato della
consacrazione, dicendo che essa è: “La più perfetta risposta di amore alla più
grande esigenza di amore”.
Tra i
presenti c’erano il R.P. Provinciale e diversi Padri e Fratelli, la sorella di
P. Mario Borzaga: Lucia, i fratelli di P. Messuri e un gran numero di Suore
della S. Famiglia con le Superiore, riunite a Marino per il loro C.P.A. e anche
Luciano.
Le parole
che il Rev.mo P. Generale ha rivolto alla fine della Messa sono state
espressione di gioia e di incoraggiamento.
Il P.
Generale si è pure fermato con noi a cena in un clima di fraterna semplicità.
Gli abbiamo presentato alcune sue foto-cartoline da firmare per ognuno di noi e
a ciascuno ha trascritto una frase delle vecchie Regole, espressioni molto
indovinate per le persone alle quali erano dirette. Ne ha data una anche ai Padri,
alle suore, a Caterina e a Luciano il quale si è commosso e come ringraziamento
ha cantato due delle sue canzoni.
A me il padre generale, Leo Dechâtelets, diede questa frase: Ut proferetur regnum Christi!
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