mercoledì 23 settembre 2020

Lucia Borzaga: la visita di 50 anni fa

Ho restituito la visita che Lucia mi ha fatto 50 anni fa quando venne per partecipare alla mia prima oblazione. C’era anche lei quel 29 settembre 1970. 
Sono stato a visitarla nella sua casa a Trento, a due passi del ponte p. Mario Borzaga che attraversa il Fersina. 
Sono trascorsi un po’ di anni, ma è sempre bella e positiva come allora. 
Le ho ricordato che per scrivere la biografia di suo fratello, il beato p. Mario Borzaga, mi sono dovuto leggere tutti i suoi scritti, o meglio la trascrizione dei suoi scritti, perché gli originali non li ho mai visti. Allora mi ha portato nel salotto, dove c’è ancora il piano che suonava p. Mario, e mi ha mostrato, ben custoditi e ordinati, i manoscritti: le agendine e, i diari (le lettere la prossima volta…). Sono un gioiello! Che scrittura ordinata, senza correzioni. 


I
l primo quaderno, iniziato a san Giorgio Canavese, porta sulla prima pagina quello che poi sarà il titolo famoso della sua opera: “Diario d’un uomo felice”. Le prime due righe sono tutto un programma:
 “Mi piace scrivere e ancor più scrivere bene: soprattutto mi piace pensare e ancor più vivere quello che penso”. 

Nello scrigno di Lucia c’è anche una scatola rossa con le poche cose rimaste di p. Mario. Tra queste quattro stelle alpine raccolte in una delle sue tante scalate sulle sue montagne trentine. Tutto tenuto con ordine, dettato dall’amore. 
Mario, quando descrive il clima che regnava in casa durante gli esami, non ricorda la sorella così ordinata. Scrive: “Fine di maggio. Sono giorni di burrasca. Quando incominciano gli esami, incominciano i passi duri. Dovunque libri e libri ammonticchiati, squinternati, sgualciti, quelli di Lucia si possono riconoscere subito per il loro disordine… Lucia coi capelli sbrigliati fin sotto il naso, fa passi di tre metri per cercare i suoi libri che eran qui, eran là, glieli hanno nascosti!”. 

Per Lucia Mario ha un debole: era l’unica sorella, la più piccola, e quella che come lui si consacrerà nella vita missionaria. 
Un giorno le scrisse la “ricetta” della santità: 
“In quanto poi al metodo per diventare santi bisogna anzitutto volerlo: poi bisogna amare, amare con la A maiuscola Gesù e i propri fratelli che sono le sue membra indistintamente: per dimostrare il proprio amore a Gesù bisogna fare momento per momento tutto il giorno la sua volontà: non manca la forza e la grazia nella preghiera, nella preghiera a Maria: nella Comunione, in cui l’anima sen­tendosi proprio di Gesù impara ad amare come lui ha amato; a portare la propria croce e la sua croce, per salvare gli uomini, per continuare l’opera della redenzione che egli ha lanciato sul Calvario”. 

Un’altra volta, sempre riguardo alla santità: 
“Immaginati di dover scrivere il romanzo della tua vita, come meglio, ti piace. con tutti gli avve­nimenti più lieti e più consolanti di tuo gusto, e che come l’hai scritto così in realtà ti dovesse poi accadere; credi tu di aver scritto un romanzo migliore di quello che Gesù ha già scritto e preparato per te? Egli che ti conosce e ti ama (…)? No di certo! E allora noi con­tinuiamo imperterriti nell’esatto compimento dei nostri doveri, dei comandamenti di Dio, nella preghiera fervente e poi lascia­mo fare tutto al Signore e crediamo fino all’inverosimile al suo amore”. 

Ma gli originali di queste lettere mi li farà vedere un’altra volta… 
Grazie Lucia!

 


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