Prima stazione: Gesù condannato a morte
Pilato condanna a morte Gesù, ma nessuno può togliere la
vita all’autore della vita.
È il Padre che, amando tanto il mondo, dona il Figlio perché
il mondo abbia la vita (Gv 3, 16).
Ed è Gesù che, in obbedienza al Padre, si dona liberamente per
amore: «Io do la mia vita… Nessuno me la toglie: io la do da me stesso» (Gv 10,
17-18).
Non è una scelta indolore. Gesù la compie tra forti grida e
lacrime (Eb 5, 7), in una lotta che lo fa sudare sangue (Lc
22, 44).
Quante condanne a
morte ha già sentenziato il Corona virus!
Chissà chi mi annuncerà la mia condanna a morte: forse il
medico, un familiare, il dolore lancinante di un infarto…
Vorrei che nessuna circostanza mi privasse della vita. Vorrei
donarla liberamente, come Gesù. Dio che m’ha dato la vita me la richiede ed io
gliela dono.
Vorrei fosse l’ultimo sì all’ultima definitiva chiamata del
Padre: un sì pieno, convinto, col quale mi consegno.
Neppure per me sarà indolore: è una porta stretta, ma
introduce nella vita, all’incontro a tu per tu con il Signore, per restare per
sempre con lui (1 Tess 4, 17).
Seconda stazione: Gesù è caricato della croce
Isacco fu caricato della legna per il sacrificio.
Isacco fu risparmiato, Gesù no, fu inchiodato su quel legno,
vittima innocente per i nostri peccati (1
Pt 2, 14).
Non gli caricarono addosso la croce, “si sottopose lui
stesso alla croce” (Eb 12, 2). Le
andò incontro e l’abbracciò, strumento del suo amore per noi.
Che croce pesante è
stata caricata sulla nostra società: tutto si è fermato, tutto meno il
contagio.
Discepoli, non possiamo essere da meno del Maestro: «Se
qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi
segua» (Mt 16, 24).
Vogliamo seguirti Gesù, dove altro potremmo andare? E se tu
ti avvii al luogo del martirio con la tua croce, anche noi accoglieremo la
nostra, quella che giunge giorno per giorno, fatta di privazioni, dolori
piccoli o grandi, delusioni, fallimenti, incomprensioni. Non la scegliamo noi.
Noi possiamo e vogliamo scegliere di abbracciarla assieme a
te, perché l’hai già presa sulle tue spalle prima di noi: la nostra croce è la
tua croce.
Grazie!
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