«Quando
ci si unisce con uno o più fratelli nel nome di Gesù, allora Gesù scatta
misticamente in mezzo a loro, così come sull’altare scende realmente alle
parole del sacerdote consacrante. Allora l’incontro col fratello diviene una
sorta di Messa mistica. Io, il fratello, Gesù: in questa triade circola l’amore
stesso della Trinità, poiché in chi ama egli discende e dimora col Padre e con
lo Spirito Santo».
Così
Igino Giordani nel 1964.
Come
sono attuali queste parole.
La
prossima domenica, per la prima volta, le chiese di tutta Italia saranno chiuse
ai fedeli, che non potranno partecipare alla Messa e ricevere l’Eucaristia.
Saranno
privi di Gesù?
Di Gesù
Eucaristia, sacramento di Gesù, ma non di Gesù.
Sarà
l’occasione per riscoprirlo nelle sue molte presenze.
L’Eucaristia è indubbiamente il
luogo della presenza di Gesù per eccellenza.
La sua definizione di “presenza
reale”, ha tuttavia lasciato un po’ nell’ombra altre modalità di presenza, quasi che quella eucaristica
fosse l’unica presenza “reale”, mentre le altre fossero meno “reali”, o
addirittura semplicemente simboliche.
Il
Concilio Vaticano II ha di nuovo messo in rilievo le molteplici presenze di
Cristo, oltre che nell’Eucaristia: negli altri sacramenti, ma anche nella
Parola, tra quanti sono uniti nel nome di Cristo, nei suoi ministri, nei più
piccoli dei fratelli con cui egli si è identificato (cf. Sacrosanctum Concilium, 7).
La presenza
eucaristica, ha scritto Paolo VI, «si dice “reale” non per esclusione, quasi
che le altre non siano “reali”, ma per antonomasia». Piuttosto che un luogo di
Dio isolato rispetto agli altri, essa ha come fine quello di approfondire le
altre presenze di Cristo nella comunità e in ogni suo membro.
È
opportuno rileggere il pensiero del papa Paolo VI: «Tutti ben sappiamo che vari sono i modi secondo i quali Cristo è
presente alla sua Chiesa. (…) Cristo è presente alla sua Chiesa che prega,
essendo egli colui che “prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi: prega
per noi come nostro Sacerdote; prega in noi come nostro Capo; è pregato da noi
come nostro Dio”; è lui stesso che ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti in nome mio là sono io in mezzo a loro”. Egli è presente alla sua Chiesa che esercita le opere
di misericordia non solo perché quando facciamo un po’ di bene a uno dei suoi
più umili fratelli lo facciamo allo stesso Cristo, ma anche perché è Cristo
stesso che fa queste opere per mezzo della sua Chiesa, soccorrendo sempre con
divina carità gli uomini. È presente alla sua Chiesa pellegrina anelante al
porto della vita eterna, giacché egli abita nei nostri cuori mediante la fede,
e in essi diffonde la carità con l’azione dello Spirito Santo, da lui donatoci. (…)
Queste varie maniere di presenza riempiono l’animo di stupore e offrono
alla contemplazione il mistero della Chiesa (Mysterium fidei, 36-40).
Anche il dolore di non poter
partecipare all’Eucaristia
– come in ogni altro dolore, a cominciare da quello che tutti affligge in
questi giorni – è una “comunione” con
Gesù.
Nel mio
libro Dove sei? I luoghi di Dio
(2016), ho scritto:
«Mi trovo in una situazione che mi preclude l’accesso
all’Eucaristia? È una situazione che mi addolora: proprio questo dolore può
darmi accesso diretto a Dio. Quando rientro nella mia “stanza” non sento più la
voce dell’Amato, mi ritrovo vuoto, nell’aridità, incapace di pregare? È una
assenza che provoca un terribile dolore: proprio questo apre l’accesso a Dio.
Il rapporto con la persona accanto a me, che mi era sacramento di Dio, si
frantuma, così che essa mi diventa ostacolo a raggiungere Dio? È la comunione
con Cristo tradito: proprio questo apre l’accesso diretto a Dio.
Sono i dolori che Cristo ha sperimentato sulla croce.
Facendoli suoi e rivivendoli entra nel nostro stesso patire. Ci raggiunge là
dove siamo. In ogni nostro dolore è lui che soffre in noi, Agnello di Dio che
prende su di sé il peccato del mondo. Il mio dolore non è più, è diventato
sacramento di Cristo: rimane lui stesso».
Grazie mille padre Fabio! Un caro saluto
RispondiEliminaGrazie. Ho pensato alle tre comunioni di cui vi parlava Chiara
RispondiEliminaE' proprio così…...sto rileggendo i detti di Apa Pafnunzio, li ho presi come metodo di vita durante questa quaresima che volge alla fine. Confesso, che mi dispiace che finisca questo periodo santo e di grazia, non perché disdegni la Pasqua, ma è come se in questo deserto della mia vita e di questo periodo di tribolazione per tanti, avverto come Gesù è vicino, vicinissimo. E' quel dolore di cui parla Chiara nella meditazione " T'ho trovato" dice: "E in questo incontro l'anima mia non sente il suo dolore, ma è come inebriata del tuo amore: soffusa di Te, impregnata di Te , io in Te , Tu in me". Grazie Padre Fabio. Gabriele Scariolo
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