sabato 28 marzo 2020

Come usciremo da questa tomba?


Lazzaro, vieni fuori!” (Gv 11, 1-44)

La resurrezione di Lazzaro!
Mi vengono in rilievo tre osservazioni leggendo il denso racconto di Giovanni.

1. La calma con la quale Gesù affronta la situazione. Gli fanno sapere che l’amico sta male e lui continua tranquillamente il suo lavoro e lascia passare due giorni preziosi. Poi gli ce ne vogliono altri quattro per arrivare a Betania. Troppo pardi, Signore: hai fatto passare una settimana… Sia Marta, sia Maria, sia i Giudei lo rimproverano: “Signore, se tu fossi stato qui…”; “non poteva far sì che non morisse?”.
Quante volte vorremmo piegare Dio ai nostri ritmi, alle nostre esigenze. Lui conosce i tempi meglio di noi.

2. Gesù ama davvero, con il cuore, in maniera molto umana. Davanti al dolore di Marta e Maria il Vangelo dice che si commuove, anzi, “si commosse profondamente” (ripetuto due volte!), rimane “molto turbato”, infine “scoppiò a piangere”.
Scoppiò a piangere, dakryein, in greco, l’unica volta che in tutto il Nuovo Testamento viene usata questa parola, molto diversa dal “lamento”, klaien, di Maria e dei Giudei.
Un Dio che si commuove profondamente, che rimane molto turbato, che scoppia a piangere davanti alla morte e al dolore che la morta provoca. Non è un Dio lontano, impassibile, è Dio che s’è fatto vicino e umano, capace di condivisione.
Anche noi siamo chiamati ad amare con l’intensità d’amore di Gesù.

«Adoro i fremiti di Gesù e le sue lacrime ai piedi della tomba di Lazzaro», scriveva sant’Eugenio de Mazenod riferendosi a chi gli rimproverava di essere troppo sensibile e di piangere quando gli morivano gli Oblati. «Non concepisco come possano amare Dio coloro che non sanno amare gli uomini degni di essere amati. Non penso neppure lontanamente di disconoscere o semplicemente di nascondere i miei sentimenti. Non posso fare altro che ringraziare Dio per avermi dato un’anima capace di comprendere meglio quella di Gesù Cristo, nostro Maestro. “Chi non ama non conosce Dio perché Dio è Amore”. E questo amore non è speculativo e non astrae dalla persona. Bisogna amare qui in terra per permettersi di amare Dio per il quale, nel vero senso, si amano le sue creature, tanto che l’Apostolo dice “chi infatti non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?”. Non c’è una via intermedia: “Abbiamo questo comandamento: chi ama Dio ami anche il fratello”. Si studi san Giovanni, si scruti il cuore di san Pietro e il suo amore per il divin Maestro, si approfondisca, soprattutto, ciò che sgorgava dal cuore di Gesù Cristo che amava, non solo tutti gli uomini, ma in particolare i suoi Apostoli e i suoi discepoli, e poi si abbia il coraggio di venire a predicarmi un amore speculativo, privo di sentimenti, senza affetto!».

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3. L’elemento centrale di tutto il racconto sono naturalmente le parole di Gesù: “Lazzaro, vieni fuori!”. L’invito finale: “Liberàtelo e lasciàtelo andare”, è ormai l’attestazione della liberazione da ogni legame di morte. Gesù è davvero ciò che si è proclamato: Io sono la “risurrezione e la vita”.

La domanda che mi pongo, nel mezzo della pandemia che stiamo vivendo, è: cosa accadrà quando anche noi sentiremo: “Vieni fuori?”.
Siamo come Lazzaro chiusi in casa, legati mani e piedi. Altro che quattro giorni!
Cosa faremo quando finalmente usciremo dalle nostre tombe?
Correremo all’impazzata nei centri commerciali, in pizzeria, ci daremo a consumare più di quanto possiamo permetterci, torneremo ad essere indifferenti gli uni gli altri…?
Se fosse così vorrebbe dire che non abbiamo imparato niente da questa tragedia.
Non è questa la liberazione dalla morte che Gesù ha dato a Lazzaro.

Dovremo avere imparato a stare con i nostri bambini, a prestare maggiore attenzione agli anziani, a rispettare il lavoro umile di tante persone anonime.
Dovremo avere riscoperto l’importanza dei legami familiari e di vicinato.
Dovrebbe essere caduto ogni tipo di barriera, sapendoci tutti ugualmente vulnerabili, al di là delle differenze di culture e di nazioni, come anche tra ricchi e poveri: il male comune ci fa capire il bene comune. Saremo diventati più umani, più fratelli?
Dovremo avere acquistato un maggiore senso dello Stato e dell’importanza della politica, del valore della società civile e dei suoi servizi.
Dovremo essere diventati più umili: non siamo i padroni del mondo, non possiamo sfruttare e manipolare la natura a nostro piacimento, crederci invincibili a causa della scienza e della tecnica.
Dovremo avere imparato a prendere più tempo per pregare, a fidarci di Dio. Dovrebbe essere cresciuta la nostra sete della Parola di Dio e dell’Eucaristia, della comunità cristiana riscoperta luogo della presenza di Dio tra noi.


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