“Dammi
da bere!” (Gv 4, 5-42)
Per
noi l’acqua non è un grande problema. Ormai tutti ci muoviamo con la
bottiglietta o la borraccia, più per moda che per necessità. Le fontanelle in
città gettano acqua in permanenza e basta entrare in un bar per avere un
bicchiere d’acqua gratis. A casa poi basta aprire il rubinetto.
Eppure
sono circa 2 miliardi e mezzo le persone che nel mondo non hanno accesso all’acqua
potabile. Stentiamo a crederlo. Fin quando non vai in certe parti del mondo e
ti senti dire: “Ecco una bottiglia di due litri per la giornata” e ci devi
bere, lavarti… Oppure quando vedi le file di bambini che le mamme mandano a
prendere l’acqua alla fontanella e rimangono in fila per un paio d’ore. O
quando, lungo le piste, vedi le donne con in testa la tanica d’acqua che
percorrono chilometri dal pozzo a casa.
Non
capiamo la sete che spinge la migrazione di villaggi interi. Sono cose troppo
lontane dal nostro mondo.
Per
questo ci sembra un po’ una montatura Gesù che chiede alla donna Samaritana: “Dammi
da bere!”.
La
domanda si fa tragica sulla croce: “Ho sete” (Gv 19, 28).
Se
al pozzo poteva essere una tattica per avviare la conversazione, sulla croce
non c’era nessuna recita, aveva sete davvero. La lingua gli si era incollata al
palato, come aveva profetizzato il Salmo 22, 16.
Non
era lui che nel tempio, il giorno della festa delle capanne, aveva detto, anzi
gridato: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva»? Non dovevano scaturire dal
suo grembo fiumi d’acqua viva? (Gv 7, 37-38)
Eppure
Dio fa sua la sete dell’umanità, che gli risponde dandogli aceto da bere.
Fa sua anche la fame. Dopo i 40 giorni di digiuno nel deserto ebbe fame.
Fa sua anche la fame. Dopo i 40 giorni di digiuno nel deserto ebbe fame.
Lo
sappiamo che è venuto per dissetare la nostra sete e che invita la donna a
chiedere a lui l’acqua. Come nell’Esodo dalla roccia percossa sgorgò l’acqua
che dissetò il popolo in cammino, dal suo costato “percosso” dalla lancia esce
sangue e acqua e Gesù diventa fonte di Spirito e Vita.
Gesù si fa anche pane di vita.
Gesù si fa anche pane di vita.
Ma
per diventare fontana che disseta, Gesù volle prima sperimentare la nostra sete
e l’aridità, sia quella fisica sia quella spirituale. Per farsi pane e sfamare sente la fame.
Non
si può aiutare l’altro se non si condivide il suo bisogno. Altrimenti è
retorica. Bisogna entrare fino in fondo nel dolore, nella necessità, nella
prova dell’altro, provare la sua stessa sete per poter davvero dissetare.
Nel
mio ufficio da anni mi fa compagnia una ceramica con l’icona di Gesù al pozzo
con la samaritana. Me l’ha regalata il direttore delle ACLI, un giorno che ci
incontrammo in casa di don Silvano Cola a Grottaferrata. Non ha un gran valore,
ma mi ricorda che Gesù ha sete, che anche la Samaritana ha sete, che tanti nel
mondo hanno sete, e che ognuno deve vivere per dissetare l’altro.
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