lunedì 23 marzo 2020

Ancora sul cieco nato


Il Papa all’Angelus ci ha invitati a rileggere con attenzione il capitolo 9 del Vangelo di Giovanni, ascoltato alla messa. L’ho fatto anch’io e davvero, come dice il Papa, si scoprono sempre cose nuove.
Mi è venuto in rilievo, ad esempio, il cammino graduale del discepolo.
Prima, alla domanda se sapeva dov’era chi lo aveva guarito, il cieco che ha riacquistato la vista, risponde: “Non lo so”. Gesù gli è andato incontro, ma lui ancora non lo conosce.
Più avanti, alla domanda “Tu, che dici di lui?”, risponde: “È un profeta”. È un passo in avanti.

A questo punto è dichiarato discepolo di Gesù: “Tu sei suo discepolo”. Questo che sulla bocca dei farisei vuole essere un insulto, è il più bel riconoscimento che l’uomo può ricevere, vuol dire che è sulla buona strada. Lo cacciano fuori: è l’esclusione da un certo mondo per entrare in un altro.

Da buon discepolo continua il cammino, fino a comprendere l’origine divina di Gesù: i farisei gli dicono che non sanno di dove sia Gesù ed egli risponde: “Proprio questo è strano, non sapete che egli è da Dio?”
Finalmente l’approdo alla piena conoscenza, espressa in una confessione di fede con la bocca e tutta la persona: “Io credo, Signore”, e gli si prostra innanzi.

Giovanni invia ognuno di noi ad avvicinarci sempre più Gesù, a conoscerlo, a entrare in comunione con lui, a vivere nel suo mondo. È un cammino che può incorrere nello scherno, nel rifiuto, nell’esclusione: “Se hanno perseguitato me…”.
Ma guadagna l’intimità con Dio, porta nella luce, per essere luce a nostra volta.

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