Il Papa
all’Angelus ci ha invitati a rileggere con attenzione il capitolo 9 del Vangelo
di Giovanni, ascoltato alla messa. L’ho fatto anch’io e davvero, come dice il
Papa, si scoprono sempre cose nuove.
Mi è
venuto in rilievo, ad esempio, il cammino graduale del discepolo.
Prima, alla
domanda se sapeva dov’era chi lo aveva guarito, il cieco che ha riacquistato la
vista, risponde: “Non lo so”. Gesù gli è andato incontro, ma lui ancora non lo
conosce.
Più
avanti, alla domanda “Tu, che dici di lui?”, risponde: “È un profeta”. È un
passo in avanti.
A questo
punto è dichiarato discepolo di Gesù: “Tu sei suo discepolo”. Questo che sulla
bocca dei farisei vuole essere un insulto, è il più bel riconoscimento che l’uomo
può ricevere, vuol dire che è sulla buona strada. Lo cacciano fuori: è l’esclusione
da un certo mondo per entrare in un altro.
Da buon
discepolo continua il cammino, fino a comprendere l’origine divina di Gesù: i
farisei gli dicono che non sanno di dove sia Gesù ed egli risponde: “Proprio
questo è strano, non sapete che egli è da Dio?”
Finalmente
l’approdo alla piena conoscenza, espressa in una confessione di fede con la
bocca e tutta la persona: “Io credo, Signore”, e gli si prostra innanzi.
Giovanni
invia ognuno di noi ad avvicinarci sempre più Gesù, a conoscerlo, a entrare in
comunione con lui, a vivere nel suo mondo. È un cammino che può incorrere nello
scherno, nel rifiuto, nell’esclusione: “Se hanno perseguitato me…”.
Ma guadagna
l’intimità con Dio, porta nella luce, per essere luce a nostra volta.
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