Con la
Pasqua aveva terminato di predicare in provenzale la Quaresima ai poveri di
Aix, nella chiesa della Madeleine. Pochi giorni dopo, il 25 aprile 1813, prima
domenica dopo Pasqua, Eugenio de Mazenod pone le fondamenta di una Associazione
della Gioventù cristiana. Sono soltanto con sette giovani. Alla fine dell’anno
sono 25, circa sessanta nel 1814, 120 nel 1815, 200 nel 1816 e 300 alla fine
del 1817.
Vi
fanno parte giovani dai 10 ai 16 anni, di tutte le classi sociali. Per evitare
il sospetto della polizia napoleonica, l’associazione si presenta come un
semplice gruppo ricreativo e cambia spesso i luoghi di incontro.
Le
prime volte si riuniscono nel seminario di Aix, poi nella casa della mamma di
Eugenio, nel giardino e nella casa delle Signorine Mille sul Corso, nella villa
di campagna della nonna…
Nel
1813 de Mazenod redasse per loro un regolamento e il 21 novembre 1814, giorno nel quale nella diocesi di Aix si celebrava la
festa dell’Immacolata Concezione, l’Associazione della gioventù fu stabilita
ufficialmente con un rescritto ricevuto da papa Pio VII. L’anno successivo,
sempre in quello stesso giorno, venne inaugurato il coro dell’antica cappella
delle Carmelitane, che divenne il luogo di riunione e di preghiera per i
giovani, prima di esserlo per i futuri missionari.
Successivamente
missionari, postulanti e novizi si incontrano con i giovani nella stessa casa,
specialmente il giovedì e la domenica. Questo spiega perché una ventina di
giovani entrano come postulanti o novizi presso i Missionari della Provenza.
Le
norme di vita vengono composte gradualmente e, nel 1816, sono completate col
nome di Costituzioni. Esse comprendono ben 544 articoli. Lo scopo
dell’Associazione era duplice: contribuire a porre rimedio - «con l’esempio, i
consigli e le preghiere» - alla situazione critica del cristianesimo del
tempo, e «lavorare molto efficacemente alla santificazione» dei suoi membri» (art. 1). Tre
gli ambiti di attività: il gioco e la festa («Si correrà, si salterà, si
canterà; in una parola ci si divertirà finché si potrà, intimamente convinti
che più ci si sarà divertiti, meglio sarà…»), l’impegno nello studio e nel
lavoro, la preghiera. Riguardo alla preghiera: «deve essere ritenuta come
l’anima e la salvaguardia del cristianesimo e della pietà… Non deve essere
passeggera e momentanea… ma continua… con un pensiero di fede diretto
frequentemente verso Dio, per attirare la sua grazia nella nostra anima».
Il
modello di questo gruppo è la prima comunità cristiana di Gerusalemme: «Essi si
ricorderanno che sono chiamati a perpetuare gli esempi che i primi cristiani
donavano al mondo… Si tratteranno
reciprocamente come fratelli, a imitazione dei primi cristiani, dei quali si
dovranno sforzare di riprodurre gli esempi». Concretamente questo implica
l’aiutarsi reciprocamente nelle varie situazioni o circostanze nelle quali i
giovani potevano trovarsi, come la malattia, la povertà…
Ad un
suo amico sant’Eugenio scrive: “Sembra che i giovani non possano vivere senza
di me. Tocco con mano il bene immenso che il Signore compie attraverso di me.
Quasi tutti i giovani sono cambiati in modo impressionante. Quasi non si
riconoscono. Al punto che tutti i genitori della città vorrebbero affidarmi i
loro figli”.
Eloquente,
al riguardo, la testimonianza di un contemporaneo: “Appena spuntava, tutti gli
si precipitavano incontro e chi gli saltava al collo, chi lo prendeva per la
cintura, chi gli baciava la mano, chi gli baciava la veste... E lui restava
calmo e contento, li accarezzava, mostrava tutto il suo amore per loro, proprio
come un padre con i figli. Accoglieva con uguale cordialità e affetto fraterno
il figlio di un calzolaio come quello di un deputato”.
Oggi ho
avuto modo di riprendere tra mano i preziosi manoscritti di allora, a
cominciare dal diario dell’Associazione tenuto con cura da sant’Eugenio, le
catechesi che teneva ai giovani, le firme che ognuno che entrava a far parte
dell’Associazione apponeva alla dichiarazione di appartenenza… Un mondo di
carte antiche, che parlano ancora.
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