La bellezza dell’essere cristiani sta nel camminare
per diventare santi.
Il cardinal Ratzinger confidava: «Io ho spesso
affermato essere mia convinzione che la vera apologia della fede cristiana, la
dimostrazione più convincente della sua verità, contro ogni negazione, sono da
un lato i Santi, dall’altro la bellezza che la fede ha generato. Affinché oggi
la fede possa crescere dobbiamo condurre noi stessi e gli uomini in cui ci
imbattiamo a incontrare i Santi, a entrare in contatto con il bello».
Santità e bellezza possono considerarsi sinonimi.
Ormai da anni nella mia preghiera quotidiana chiedo che la Chiesa sia “sempre
più bella”, poi chiedo che sia più santa, più mariana, più evangelica, più profetica,
più carismatica, più missionaria… Non so da dove mi viene questa prima
richiesta, “sempre più bella”, alla quale si associa immediatamente la
richiesta della sua santità, ma prego così da tanto, mettendo insieme bellezza
e santità. Soltanto preparando questa conversazione mi sono accorto di questo
ordine nella mia preghiera.
La Chiesa dice di sé stessa, come la sposa del
Cantico, “sono nera e bella” (1, 5). I popoli neri non ne abbiano a male se una
certa estetica femminile faceva coincidere la bellezza con la carnagione
bianca, evitando l’esposizione al sole. I Padri della Chiesa, a cominciare da
Origene, vedevano in questa affermazione, “sono nera e bella”, la duplice
provenienza della Chiesa, dai gentili e dagli ebrei, ma anche la presenza nel
suo seno di peccatori e di santi. La Chiesa è bella nonostante o forse proprio
perché fatta di peccatori che hanno bisogno di conversione costante.
«La santità è il volto più bello della Chiesa» leggiamo
nell’esortazione apostolica Gaudete ed
exultate (5). Di qui l’invito di Papa Francesco: «Lascia che la grazia del
tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità – (…) Nella Chiesa, santa e
composta da peccatori, troverai tutto ciò di cui hai bisogno per crescere verso
la santità. Il Signore l’ha colmata di doni con la Parola, i Sacramenti, i
santuari, la vita delle comunità, la testimonianza dei santi, e una multiforme
bellezza che procede dall’amore del Signore, “come una sposa si adorna di
gioielli” (Is 61,10)» (15).
Di conseguenza il Papa invita a «lasciarsi condurre
dallo Spirito sulla via dell’amore» e di «appassionarsi per comunicare la
bellezza e la gioia del Vangelo e di cercare i lontani nelle immense
moltitudini assetate di Cristo» (57).
Il cardinale Angelo Amato racconta che, quando era
Prefetto della Congregazione dei Santi, alla fine di ogni incontro con Papa
Francesco – almeno due al mese – «egli mi ripeteva con convinzione e con il
sorriso sulle labbra: “i Santi sono i più convincenti testimoni di Gesù e del
Vangelo. Noi proferiamo parole, i Santi parlano con la loro esemplare esistenza
cristiana”». La santità è il volto più bello della Chiesa. Se per lo scrittore
Ken Follett le cattedrali sono i pilastri del mondo, per il Papa i santi sono i
pilastri della Chiesa e del mondo.
La bellezza del cristianesimo si esprime non tanto o
soltanto nelle opere d’arte a cui ha dato vita, ma nei suoi martiri e nei suoi
santi. La bellezza di essere cristiani è la bellezza della santità: mostrare un
volto di misericordia, di donazione, di benevolenza, di vicinanza, di amore.
Santità e bellezza tornano a coincidere e ognuno di
noi può diventare icona di Dio, trasparenza di Dio per l’altro, una finestra
che dà luce perché tutta luce, come scriveva Pavel Florenskij, un altro
innamorato della bellezza: «una finestra è una finestra in quanto attraverso ad
essa si diffonde il dominio della luce, e allora la stessa finestra che ci dà
luce è luce, non è “somigliante” alla luce (…), ma è la luce stessa nella sua
identità ontologica, quella stessa luce indivisibile in sé e non divisibile dal
sole che splende nel nostro spazio».
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