giovedì 3 ottobre 2019

Santi di Roma: Gregorio Magno


Sabato prossimo, 5 ottobre, ricominciamo i nostri incontri con i santi romani.
L’appuntamento è alle 16.00, a san Gregorio al Celio.
Conosceremo così uno dei più grandi santi romani che proprio lì aveva la sua casa, san Gregorio Magno. Si fece chiamare “servo dei servi di Dio”.
Ci accoglierà Innocenzo Gargano, camaldolese, per introdurci in luoghi “segreti” di una bellezza inimmaginabile. Ci parlerà del santo la storica prof. Mariella Carpinello.

Gregorio Magno, romano doc! Nacque attorno  al 540 dalla nobile famiglia degli Anici. Il padre Gordonio, senatore, e la madre Silvia furono annoverati tra i santi. Appena trentenne fu nominato prefetto della città, la più alta carica civile a Roma.
Le sorelle erano rimaste vergini e conducevano vita monastica nella casa paterna, come avevano già fatto le zie. Alla morte del padre, quando persino la mamma si ritirò in un monastero, Gregorio destinò la casa paterna – un grande complesso costruito con gusto da generazioni di antenati sul monte Celio – a monastero intitolato a Sant’Andrea e rimise la sua carica di prefetto nelle mani dell’esarca.
Più tardi, da papa, ricorderà con nostalgia questo periodo di luce: “Certo, quando mi trovavo in monastero ero in grado di trattenere la lingua dalle parole inutili, e di tenere occupata la mente in uno stato quasi continuo di profonda orazione. Ma da quando ho sottoposto le spalle al peso dell’ufficio pastorale, l’animo non può più raccogliersi con assiduità in se stesso, perché è diviso tra molte faccende. Sono costretto a trattare ora le questioni delle chiese, ora dei monasteri, spesso a esaminare la vita e le azioni dei singoli; ora a interessarmi di faccende private dei cittadini; ora a gemere sotto le spade irrompenti dei barbari e a temere i lupi che insidiano il gregge affidatomi”.
Il papa del tempo, pur lasciandolo in monastero, lo ordinò diacono e gli affidò il coordinamento dell’azione caritativa della chiesa. Quando poi papa Pelagio II ebbe bisogno di un apocrisario, cioè di un rappresentante, presso l’imperatore d’Oriente, si rivolse a Gregorio che accettò di andare a Costantinopoli, con la condizione di poter continuare a vivere da monaco.
Tornato a Roma, la trovò sommersa da tremende sciagure: carestie, inondazioni, peste. Anche papa Pelagio morì stroncato dall’epidemia.
Fu allora che Gregorio venne acclamato papa all’unanimità. Tentò la fuga, ma fu riportato a Roma e condotto direttamente a San Pietro, dove tutti l’attendevano per l’ordinazione.

La sua azione di pontefice, sia per il governo della Chiesa che della città di Roma, gli meritò il titolo di “Magno”.
Forse il ritratto più oggettivo di questo grande pontefice lo ha fatto egli stesso nel quinto capitolo della seconda parte della Regola pastorale, quando parla del pastore ideale, scrivendo tra l’altro:
“Un pastore d’anime deve essere vicino a ciascuno con il linguaggio della compassione e comprensione. Deve in modo singolare essere capace di elevarsi su tutti gli altri per la preghiera e la contemplazione. I sentimenti di pietà e di compassione gli permetteranno di fare sua la debolezza degli altri.
La contemplazione lo porti a superare e vincere se stesso con il desiderio di cose celesti. Tuttavia il desiderio della conquista delle altezze spirituali non gli faccia dimenticare le esigenze dei fedeli. Come pure, il provvedere e il soddisfare alle esigenze del prossimo, non gli faccia trascurare il dovere di elevarsi alle cose celesti…
Equilibrare il desiderio della contemplazione alla necessità di entrare nell’animo dei peccatori con il linguaggio della comprensione è la norma di ogni efficace azione pastorale.
L’amore tocca vette altissime, quando si piega misericordioso sui mali profondi degli altri. La capacità di piegarsi sulla miseria altrui è la misura della forza di slancio verso l’alto.
Per i pastori è fondamentale possedere quella disponibilità di cuore e quella forza di attrazione, per cui i fedeli non trovano vergognoso aprire loro la coscienza. Quando i flutti della tentazione si abbattono sui fedeli, il cuore del pastore diventa il loro naturale rifugio. Come il fanciullo nel seno della madre”.

E l'icona della Madonna che Gregorio portò in processione per far cessare la peste? Quando sul Mausoleo di Adriano apparve l'angelo che riponeva la spada nel fodero e il mausoleo diventò Castel sant'Angelo? Ne parleremo un'altra volta andando a visitare quella icona... 


Nessun commento:

Posta un commento