I
Padri apostolici, uomini coraggiosi, che hanno guidato le comunità ecclesiali
subito dopo gli apostoli. Sono la seconda, terza generazione. Non hanno visto
Gesù eppure sono forti della testimonianza di chi l’ha visto e ascoltato. Si trovano
davanti a sfide nuove e devono credere nonostante difficoltà interne e
persecuzioni esterne.
Sto
rileggendo i loro scritti (nella splendida nuova edizione di Città Nuova), gustando
una cristologia essenziale, che punta sull’umanità di Gesù e sulla sua opera di
salvezza. A parte le notissime lettere di Ignazio di Antiochia che la liturgia
delle ore ci fa leggere, anche gli altri testi sono una testimonianza
straordinaria dei primi tempi del cristianesimo.
In questo
momento sto leggendo la Lettera di Barnaba. Chiunque ne sia l’autore è
bello sentire le motivazioni che lo spingono a condividere la sua fede e la sua
lettura delle Scritture: “Vi scrivo con molta semplicità… io umile servitore
del vostro amore”. “Volendo scrivere molte cose, non come un maestro, ma come conviene
a uno che ama, per non perdere nulla di quello che abbiamo, mi affrettai a
scrivere come un vostro umile servitore”.
Invita
a rimanere uniti perché soltanto così si possono affrontare le prove e
risultare vincitori: “Non isolatevi ripiegandovi in voi stessi… ma riunitevi
cercando il bene comune… Diveniamo spirituali, diveniamo un tempio perfetto per
Dio”.
Un
Dio che prende carne umana, e con essa i peccati e tutte le miserie, per
rivestirci di gloria; una Chiesa unita, che rivive in sé il mistero della
passione morte e resurrezione del suo Cristo, e che è resa forte dalla presenza
di Dio in essa: ecco i temi che maggiormente vengono in rilievo e che possono
ispirare la nostra Chiesa di oggi, così divisa e timorosa di osare.
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