“Gli ospedali sono luoghi dove si impara la mitezza”. Se me lo
scrive una persona saggia come Luigino Bruni è certamente vero.
Negli ospedali, come in pochi altri luoghi, ci si rimette
completamente in mani di altri, disarmati. Inerme e mite mi pare siano
sinonimi, e inerme letteralmente vuol proprio dire “senza armi”. Il mite mette
da parte ogni difesa.
Il dizionario Treccani, definisce mite una persona che ha
carattere dolce e umano, disposto alla pazienza e all’indulgenza. L’origine
latina del termine («tenero, maturo», detto dei frutti) si può addirittura
estendere a fattori climatici: gli inverni senza freddo sono «miti», quasi
anticipo di primavera.
Gesù aveva riservato la mitezza come un suo ritratto «prendete
il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e
troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,29). Matteo, quando lo vede entrare
in Gerusalemme, su un asinello, cavalcatura della pace, riconosce la mitezza di
Gesù e cita la Scrittura: «guarda il tuo re viene a te: egli è umile e viene
seduto su un asino» (Mt 21,5).
Per Gesù è oggetto di beatitudine: “Beati i miti, perché
erediteranno la terra”.
Un grande esegeta di altri tempi, Spicq, faceva notare che in
questa beatitudine «si esalta non già la condizione sociale, ma la
sottomissione religiosa e la fiducia in Dio, che si traduce in pazienza e
dolcezza. La felicità stabile di pace e sicurezza loro promessa è il “possesso
della terra”, non intendendo l’occupazione della terra (promessa), terra
d’Israele in senso politico, e ancor meno “tutta la terra”, il mondo intero,
bensì l’entrata nel regno di Dio quaggiù e, da ultimo, in quello dei cieli».
Non è piccola cosa la mitezza, se essa ha bisogno dell’intervento
dello Spirito Santo: è uno dei suoi frutti (cfr Gal 5,23).
Nella sua lettera sulla santità, Gaudete et exultate,
papa Francesco nota: «La mitezza è un’altra espressione della povertà interiore, di chi
ripone la propria fiducia solamente in Dio. Di fatto nella Bibbia si usa spesso
la medesima parola anawim per riferirsi
ai poveri e ai miti. Qualcuno potrebbe obiettare: “Se sono troppo mite,
penseranno che sono uno sciocco, che sono stupido o debole”. Forse sarà così,
ma lasciamo che gli altri lo pensino. È meglio essere sempre miti, e si
realizzeranno le nostre più grandi aspirazioni: i miti “avranno in eredità la
terra”, ovvero, vedranno compiute nella loro vita le promesse di Dio. Perché i
miti, al di là di ciò che dicono le circostanze, sperano nel Signore e quelli
che sperano nel Signore possederanno la terra e godranno di grande pace (cfr Sal 37,9.11). Nello stesso tempo, il Signore confida in
loro: “Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e
su chi trema alla mia parola” (Is 66,2)» (74).
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