Il
nostro itinerario barcellonese, dopo la visita alla Sagrada Familia (non
mancano altre sue costruzioni di carattere sacro, come chiese, cripte, cappelle, un
monastero…), non poteva disattendere le costruzioni “laiche” di Gaudí, case e
ville e parchi e aziende.
Ma
questa distinzione non sembra faccia il suo caso. In ogni edificio “profano” ha
inscritto il sacro: la croce con i quattro bracci, il nome di Gesù Maria e
Giuseppe oppure il nome di Gesù. Così nel Parco Guël e nella Casa Battlo, che
sono quelle che ho visitato.
Oggi
la Casa Milà o La Pedrera. Avrebbe voluto completare questo capolavoro con una
statua di Maria, a cui aveva dedicato il palazzo. I moti anticlericali non
consigliavano tale completamento e la casa rimase incompiuta. Non ha rinunciato
comunque a scrivere, sulla facciata, all’ultimo piano, il monogramma di Maria e
l’inizio dell’Ave: “Gratia plena”.
Ma
non c’era nemmeno bisogno di siglare l’opera con questi sorbii e quasi
impercettibili segni religiosi. L’architettura stessa è un inno alla bellezza
di Dio, grazie alle originali linee mosse, alla ricreazione di un ambiente
selvatico e mistico insieme.
In
Gaudí, sia nella vita personale che in quella d’artista, sacro e profano non si
confondono e nello stesso tempo si compenetrano e si armonizzano tra loro,
quasi a dire che il bello è già testimonianza del divino.
Mi
ha colpito una sua affermazione: “La povertà porta all’eleganza e alla
bellezza; la ricchezza porta all’opulenza e alla complicazione, che non possono
essere belle”.
È vangelo.
Ricorda i gigli del campo…
Diceva
che avrebbe voluto morire povero. Quando fu investito dal tram fu creduto un
barbone e soccorso alla meglio. Povertà – evangelicità - e bellezza si erano
sposate.
E sempre
la tensione al meglio, alla perfezione: “In generale la gente, quando fa una
cosa, quando questa cosa è fatta bene, rinuncia ad andare in profondità e si
accontenta del risultato ottenuto. Questo è un errore: quando una cosa è sulla
via della perfezione, bisogna andare fino in fondo finché non sia fatta bene
del tutto…”.
Un
insegnamento di cui è stato maestro e che merita il riconoscimento della sua
santità.
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