Cosa ci sarà dopo la morte? L’umanità ha
sempre avuto paura delle tenebre che avvolgono il mondo dell’aldilà, dove non
ci sarà più la luce del sole. Così ho scritto per il sito di Città
Nuova:
“Chi segue
me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12). Un’altra delle grandi
promesse di Gesù.
Cosa ci
sarà dopo la morte? L’umanità ha sempre avuto paura delle tenebre che avvolgono
il mondo dell’aldilà, dove non ci sarà più la luce del sole. La più dura delle
condanne per i peccatori che non si ravvedono è: “gettatelo fuori nelle
tenebre: là sarà pianto e stridore di denti” (Mt 22, 13).
Tra le
opposizioni dualistiche con cui le culture e le religioni hanno percepito e
rappresentato il mondo, quella tra luce e tenebre è una delle più taglienti e
diffuse. Alla costellazione di immagini legate alla luce (giorno, calore,
spirito, bene, divino) si oppongono quelle legate alle tenebre (notte, freddo,
materia, male, demoniaco). Molte cosmologie iniziano il racconto della
creazione con l’apparizione della luce o del sole, che emerge dalle tenebre
primordiali, e descrivono la fine del mondo come il crepuscolo degli dèi e il
ritorno delle tenebre.
La luce
simboleggia la vita, la felicità, la perfezione. Platone associa l’idea del
Bene, che illumina l’anima, a quella di Helios, il sole, luce fisica del mondo.
È l’attributo di molte divinità, fino a designare Dio stesso: Ammon-Ra è il
Sole che rischiara l’Egitto. I riti misterici di iniziazione avevano la
funzione di mediare la salvezza che veniva dalla divinità del sole, che conduceva
l’iniziato dalle tenebre alla luce, simbolo di immortalità. L’illuminazione è
il momento fondamentale di ogni camino mistico, necessario per abbandonare il
mondo delle tenebre e immergersi in quello della luce. L’ha conosciuta Gautama
Siddharta, ed è diventato il Buddha, l’Illuminato. La sua città sacra di
Benares, nell’India settentrionale, è chiamata anche Kāśi, “città della luce”.
Il Dio
d’Israele, nel suo amore di condiscendenza, “si fa uno” con noi e con i nostri
archetipi. Rivela il suo volto usando i nostri simboli, il nostro linguaggio.
Ed ecco che anche lui si ammanta di luce. La luce inizia e chiude la Bibbia. Il
racconto della creazione si apre con: «Sia la luce! E la luce fu», a cui segue
la creazione del sole e degli altri corpi celesti che, a differenza di quanto
credevano le religioni da cui Israele era circondato, non sono dio, ma sono
semplici creature di un Dio che le trascende infinitamente: soltanto «il
Signore sarà per te luce eterna», afferma Isaia (60, 19). E la Bibbia si
chiude, nella descrizione dell’Apocalisse, con la nuova creazione, che avrà Dio
stesso come luce, sole che non conoscerà tramonto (22, 5).
La luce diventa
così simbolo della presenza di Dio e della salvezza: «Il suo splendore è simile
al giorno, raggi escono dalle sue mani» (Abacuc 3, 4). I Salmi cantano:
«Il Signore è mia luce e mia salvezza» (27, 1); «Alla tua luce vediamo la luce»
(36, 10); mentre Isaia esorta il popolo: «Camminiamo nella luce del Signore»
(2, 5). Anche per il Nuovo Testamento Dio «dimora in una luce inaccessibile» (1
Timoteo 6, 16); non soltanto è «il Padre degli astri» (Giacomo 1,
5), ma è lui stesso «Luce, ed in lui non ci sono tenebre», come scrive
esplicitamente Giovanni nella sua prima lettera (1, 5).
Gesù stesso
si presenta come luce: «Io sono la luce del mondo». Era andato a Gerusalemme
per il pellegrinaggio in occasione di Sukot, la festa delle capanne, che
ricordava gli anni trascorsi dal popolo di Dio nel deserto, in cammino verso la
terra promessa. Era la fine del mese di settembre, le giornate si accorciavano
e forse stava già scendendo la sera. Fu allora che si proclamò “luce del
mondo”. Stava per arrivare la notte, ma era sorta una nuova luce, che avrebbe
illuminato tutte le genti.
Rivolgendosi
ai discepoli promise che chi l’avesse seguito non avrebbe più camminato nelle
tenebre, ma avrebbe avuto «la luce della vita» (8, 12). È promessa divina:
seguire Gesù porta alla luce, con tutta la realtà racchiusa nella simbolica di questa
parola, sintetizzata nel complemento di specificazione: “della vita”.
La
promessa di Gesù si adempirà compiutamente dopo la morte, quando ci introdurrà
nella vita che non avrà più fine, una vita eterna che vivremo in pienezza,
perché la stessa vita di Dio.
Eppure
già da ora possiamo averne un anticipo. Essa illuminò agli apostoli sul Tabor. Gesù
apparve in tutto il suo splendore anche a Paolo sulla via di Damasco:
«all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo» (cf Atti 9, 3). Interpretando questa sua esperienza la lettera agli Efesini
scrive: «E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri
cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul
volto di Cristo» (4, 6).
Brilla
fino al punto da trasformarci in luce e illuminare a nostra volta: «dovete
splendere come astri nel mondo» (Fil
2,15). La promessa ci fa altri Gesù e in lui anche noi “luce del mondo”, luce
per l’umanità intera.
Naturalmente
occorre seguirlo: “Chi segue me…”. Seguire Gesù. Ma Gesù va a morire a
Gerusalemme… Seguirlo è un atto coraggioso. Perché avessimo la luce Gesù ha
sperimentato il buio. Quando fu crocifisso si fece tenebra su tutta la terra,
quasi che la natura condividesse quanto egli stava vivendo. Per dare la luce
“della vita” ha accettato la morte. Egli, ancora una volta, promette perché si
è compromesso per noi. Adesso chiede di fare altrettanto con lui. Ne vale la
pena, la sua è una promessa certa: la resurrezione, la luce della vita.
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