Martin
Roch, professore di storia medievale all’università di Ginevra, mi ha regato la
sua ultima opera, Le Moyen Âge avant
l’aube. Témoins et acteurs d’un monde en mutation. Nella lettera
d’accompagnato mi scrive: «È il risultato di vari anni di letture, ricerche, ed
anche del mio insegnamento…». Mi confida inoltre che è frutto anche della
frequentazione con la Scuola Abbà e «dell’unità costruita, e sempre più
profonda, nel gruppo della storia». Riguardo ai destinatari: «Ho voluto
rivolgermi ad un pubblico più vasto ed ho quindi cercato di scriverlo tenendo
conto di lettori non specialisti». Riguarda al soggetto del saggio mi scrive
ancora che si tratta di «un periodo di grandi trasformazioni e delle persone
che l’hanno vissuto cercando di andare avanti il meglio possibile. In fondo, si
tratta della questione della speranza». Mi augura infine buona lettura!
Sì
caro Martin, è stata davvero una buona lettura. Le tue 320 pagine sono scorse
facilmente, sia per l’argomento, che attira come un romanzo (ma la storia è
molto più affascinante di un romanzo), sia per la scorrevolezza del tuo stile
che rende luminosi i periodi più bui della storia.
Il
libro si apre con l’incredulità e l’angoscia di san Girolamo davanti alla
terribile notizia che gli giunge a Betlemme: il 24 agosto 410 Roma è stata
saccheggiata da Alarico. «Chi avrebbe mai creduto – grida Girolamo – che Roma
sarebbe crollata, lei le cui vittorie riportate nel mondo intero costituiscono
le fondamenta dell’universo?». La caduta dell’impero romano sotto la pressione
dei “barbari” sembrò la caduta del mondo.
L’opera
di Roch abbraccia i quattro secoli che vanno dalla caduta dell’impero romano
alla rinascita dell’impero con Carlomagno. Il grande Medioevo delle cattedrali,
delle università, dei poemi epici, delle Somme teologiche, della Divina
Commedia è quello dei primi secoli del secondo millennio, un periodo
luminosissimo. L’alba inizia con Carlomagno. E i secoli precedenti? L’Alto
Medioevo? Sono i secoli bui. Roch preferisce chiamarlo Il Medioevo prima dell’alba, letto come una lunga gestazione
nell’oscurità del seno materno.
Un
libro a tutto tondo, quello di Martin Roch, capace di coniugare insieme storia,
sociologia, letteratura, pensiero filosofico e teologico, e soprattutto
ritrarre profili di uomini e donne concreti che tornano a vivere nelle pagine
del libro con i loro sogni e le loro realizzazioni.
Sono
secoli violenti, di distruzioni, invasioni, insicurezza, paura. Quegli uomini e
quelle donne hanno comunque saputo continuare a vivere, cercare, sperare, farsi
strada tra mille difficoltà. A mano a mano che la civiltà – identificata con
Roma e le sue istituzioni che creavano unitarietà e sicurezza nel mondo antico
– andava spegnersi, lentamente e irresistibilmente si accendeva un’altra luce,
quella del cristianesimo, capace di infondere nuova sicurezza, di ridare
speranza, di creare una nuova civiltà. Il sangue del Vangelo innervava i nuovi
popoli e faceva nascere una nuova unità europea, tenuta insieme dalla fede.
In
filigrana sembra di ascoltare l’eco lontana della nostra storia contemporanea,
quando tanti riferimenti culturali e politici vengono meno, tornano insicurezze
e paure, invasioni inarrestabili creano nuove geografie e offrono nuove
opportunità di incontro.
Una
storia affascinante e drammatica quella di un “mondo in mutazione”, come nel
sottotitolo del libro. Una lettura appassionante, che fa pensare e sperare.
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