Le beatitudini. A chi è
stato in Terra Santa questa parola richiama immediatamente il “monte delle
beatitudini”, uno dei luoghi più belli della Galilea, non lontano da Cafarnao,
con la vista che si perde sul lago e la pianura di Genezaret. Gesù, secondo la
tradizione, vi proclamò il “discorso della montagna”, anche se la sommità del
colle raggiunge appena i 150 metri. Matteo parla del “monte” sul quale Gesù era
salito seguito dalle folle (cf. 5, 1) perché quel discorso programmatico gli
ricordava le parole che Dio diede a Mosè “sul monte”, il Sinai. In Gesù l’evangelista
vedeva il nuovo Mosè e nelle sue parole la legge nuova dell’amore, che cambia i
cuori e il mondo intero. Quel discorso si apre con otto beatitudini, parole di
una novità inaudita.
Luca, sempre per quel
primo discorso, fa scendere Gesù “in un luogo pianeggiante” (cf. 6, 17) e
riporta soltanto quattro beatitudini, seguite da altrettanti “guai”.
Le beatitudini; e il
pensiero va subito a queste otto o quattro beatitudini evangeliche.
Ma le beatitudini sono
molte di più. Nell’Antico Testamento sono 60, nel Nuovo Testamento 43. C’è di
che essere contenti! Dio ci dichiara “felici”, “beati” adesso, o ci annuncia
una gioia che verrà e che ci rende comunque felici adesso, perché ci dà la
certezza di un futuro pieno di gioia.
La beatitudine che più
ricorre nella Scrittura riguarda chi ascolta la parola di Dio e la mette in
pratica. Il primo Salmo, quasi una sinfonia iniziale che anticipa i temi principali
del salterio, dichiara beato l’uomo che cammina nella legge del Signore e trova
in essa la sua gioia. “Beato chi è fedele ai tuoi insegnamenti”, leggiamo ancora
nel Salmo 119, 2. E nel libro dei
Proverbi: “Beato l’uomo che mi ascolta” (8, 34), e “beato chi osserva la legge”
(29, 18). Al termine di tutte le Scritture, l’ultima beatitudine ha lo stesso
tenore: “Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro” (Ap 22, 7).
Perché questa
beatitudine rivesta tanta importanza? Perché la parola di Dio rivela il suo progetto
su di noi. La volontà di Dio getta una luce solare sulla vita di ogni persona,
svela il segreto della propria esistenza. Che gioia (ecco la “beatitudine”),
sapere quello che Dio vuole da me: la vita non è più un enigma, acquista senso,
l’angoscia lascia il posto alla speranza. Ecco perché occorre ascoltare la
Parola di Dio, leggerla con attenzione e perseveranza, custodirla e meditarla.
Proprio come Maria che “custodiva” (syntéreìn) gli eventi e le parole del suo Figlio (Lc 2,
19), li “conservava con cura e continuità” (diatéreìn) (Lc 2, 51). Grazie alla sua verginità, serbava in cuore il
mistero, integro e immacolato, ma non statico e inerte: meditava le realtà
divine custodite, ossia, come suggerisce il verbo greco symbàllein (2, 19), le metteva a confronto, le approfondiva, ne
comprendeva sempre meglio il messaggio, sapeva penetrarle, prenderle come sono,
senza annacquarle, senza discioglierle, così da tradurle subito in pratica.
Gesù stesso, con velato
riferimento a sua madre, annuncia la beatitudine: “Beati coloro che ascoltano
la parola di Dio e la osservano” (Lc
11, 28), e nel Vangelo di Giovanni di nuovo afferma: “Sapendo queste cose,
sarete beati se le metterete in pratica” (13, 17). Anche nell’Apocalisse leggiamo:
“Beato chi legge e beato coloro che ascoltano le parole di questa profezia e
mettono in pratica le cose che vi sono scritte” (1, 3).
Per essere beati non
basta infatti conoscere la volontà di Dio, occorre metterla in pratica: “Non
chi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la
volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt
7, 21). È importante leggere, conoscere, studiare la parola di Dio; occorre
esserne innamorati, frequentarla senza mai stancarsi, avere sotto mano i
commenti dei Padri della Chiesa, degli esegeti moderni. “Ignorare le Scritture
significa ignorare Cristo”, affermava il grande studioso Girolamo. Ma proprio
lui, che ha dedicato tutta la vita a studiare la Sacra Scrittura, affermava
ugualmente che il Vangelo lo capisce solo chi lo vive. Beato allora non
soltanto chi ascolta la parola di Dio, ma soprattutto chi la vive.
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