22 gennaio, festa di san Vincenzo Pallotti. Quest’anno
a me l’onore di aprire, sabato scorso nella chiesa di san Salvatore in onda, il
triduo in preparazione della festa. Con mia sorpresa nella preghiera che ha
preceduto la Messa, ho visto citato un brano di una lunga conferenza che aveva
tenuto 20 anni fa sulla spiritualità pallottina.
Ecco quanto hanno letto di quella conferenza, poi
pubblicata: Sei parole per la
spiritualità di san Vincenzo Pallotti, “Apostolato universale”, 1 (1999),
n. 1, p. 60-79 (polacco, Sw. Wincenty Pallotti, zycie, dzuelo, charyzmat, 2 (4)
2007, p. 5-32).
Le prime due parole che subito attirano la mia
attenzione sono state tutto e infinito, due
parole che si richiamano costantemente l'un l'altra, che aprono ad una
dimensione olistica, che spalancano
gli orizzonti e lasciano respirare l'anima. (...)
Il tutto di san Vincenzo è innanzitutto il
tutto di Dio.
«Dio mio, tutto tutto tutto...», lo sentiamo ripetere
sovente. Ed è capace di continuare a scrivere e a ripetere indefinitivamente -
lui vorrebbe che fosse infinitamente - la parola tutto, quasi a scandagliare la vastità insondabile del mistero divino.
Per sottolineare il tutto di Dio congiunge a tutto la parola solo: «Dio tutto, tutto, tutto...», ma anche «solo, solo, solo...»,
quasi ad eliminare ogni possibile concorrenza al tutto di Dio. È il biblico:
«Tu sei il solo Dio, non c'è altro Dio fuori di te». (...)
Se Dio è il solo e il tutto in sé, lo deve essere
anche in me. Il tutto di Dio diventa
allora il tutto della creatura, in quanto essa viene resa partecipe di quel
tutto. La convinzione di questa osmosi è affermata da queste parole lapidarie:
«La vita del Padre è mia, la vita del Figlio è mia, la vita dello Spirito Santo
è mia, la vita della Santissima Trinità è mia».
È il coinvolgimento di tutta intera la persona
nell'interezza del mistero, in un costante procedere da totalità a totalità,
con orizzonti illimitati, anzi infiniti. (...)
L'impiego
della parola infinito, correlata a tutto,
fa intravedere la dimensione forse più originale della spiritualità di san
Vincenzo. Parla di «infinita perfezione», di «infinita fede, infinita speranza,
infinita carità», «infinite eternità»; vuol dare a Dio una «gloria
infinitamente grande»; è disposto a «patire infinitamente»; vuole vedere
dilatati all'infinito i suoi desideri; anche il disprezzo di sé lo vuole
all'infinito, perché la sua miseria la vede infinita, ed infinita la sua
ignoranza e empietà.
Nei suoi scritti torna insistentemente il desiderio
dell'infinito, spingendo l'ampiezza dei desideri all'infinito, talvolta
addirittura - cosa mai vorrà dire? - al di là dell'infinito. Questo imprime
alla sua spiritualità un respiro ampio e positivo, capace di far spaziare
nell'immensità e nell'eternità di Dio.
La coscienza della propria «infinita miseria,
ignoranza ed empietà» non impedisce a san Vincenzo di desiderare
quell'infinitezza positiva che lo ponga alla pari, se così possiamo dire, con
l'infinitezza di Dio. (...)
Ed eccolo allora intento in improbabili operazioni
matematiche, nel tentativo di esprimere il suo più profondo infinito anelito di
amore.
Somma passato e futuro nell'illusione di dilatare il tempo
all'infinito. Suddivide il tempo in attimi infinitesimali per fare di ogni
attimo infinitesimale un infinito, così che dalla loro somma scaturisca un
infinito degno dell'infinito di Dio. Vorrebbe moltiplicare le creature
all'infinito perché salga a Dio una lode infinita. Vorrebbe appropriarsi di
tutto il bene delle creature passate presenti e futuri e moltiplicate
all'infinito...
Avremmo qui una colluvie di testi da citare. Uno solo
basti:
«Tutto quello di buono che hanno fatto, fanno, e
faranno tutte quante le creature, e tutto quello che io ho fatto, faccio e farò
per la massima etc. gloria del nostro Dio, e Padre celeste (...) intendo che
sia fatto (...) con una infinita perfezione (…) da tutte quante le creature
esistenti e possibili, ragionevoli, e irragionevoli, sensibili, e insensibili,
e fingendo che ciascuna (...), ciascuna infinitamente moltiplicata ad ogni
momento infinitesimo, e ciascuno di questi momenti infinitesimi sia pur
moltiplicato in infinito (...), intendo che ciascuna di queste creature sia
infinitamente moltiplicata ad ogni momento infinitesimo di tutte l'eternità
infinite (...), ed intendo che ciascuna molecola elementare de' corpi sia infinitamente
moltiplicata ad ogni momento infinitesimo da tutte l'eternità per tutte l'eternità
infinitamente. [Ed intendo] che ciascuna di queste infinitamente moltiplicata
(...) addivenga infiniti Universi contenendo in se stessi tutte le creature esistenti
e possibili (...)».
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