Non siamo soli, ci ricorda Gesù, abbiamo
un Padre che si occupa di noi e non ci vuole preoccupati: pensa a tutto lui.
Dio ci vuole come i bambini che non sono preoccupati per le loro necessità, ma
anche noi dobbiamo fare la nostra parte.
Ancora una promessa, pubblicata sul sito
di Città Nuova.
Dopo la cascata di promesse offerte dalle beatitudini, il discorso della montagna continua con ulteriori promesse. Ognuna
diventa una beatitudine, perché ricolma di gioia. Come quella
che scaturisce dall’invito ad abbandonarsi del Padre che sa di
cui abbiamo bisogno e vi provvede.
Gesù ha appena insegnato a pregare
dicendo: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Il pane, lo sappiamo, anche nel nostro linguaggio
corrente indica tutto ciò di cui abbiamo
bisogno per vivere. Gesù ci invita a chiedere il pane «quotidiano», ciò che è necessario per il sostentamento e
l’esistenza di «ogni giorno», come dice il Vangelo di Luca (11, 3);
un invito a vivere dell’essenziale, senza accumulare,
e a vivere il presente con intensità, senza preoccuparsi del domani, «perché il
domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 6, 34). Ci insegna a pregare così perché vuol
far nascere in noi una straordinaria, illimitata confidenza nel
Padre, in opposizione alla nostra poca fede che ci porta a dire «non abbiamo
pane!» (cf. Mt 16, 8).
Ed ecco la straordinaria promessa: tutto
ciò di cui abbiamo bisogno e che abbiamo chiesto nella preghiera del “Padre
nostro”, il Padre nostro ce lo dona veramente: «Cercate il regno di Dio e la
sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno data in aggiunta» (Mt 6, 33).
Siamo preoccupati, giustamente, per la
nostra vita: di ciò che mangeremo o berremo, di quello che vestiremo. Tante
persone fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Le famiglie che si
impoveriscono aumentano di giorno in giorno. Le migrazioni e l’inarrestabile
andate di profughi testimoniano il grido che ripete: «Che cosa mangeremo? Che
cosa berremo? Che cosa indosseremo?». Dietro queste domande ci sono quelle del
lavoro, della casa, della possibilità dello studio, dell’assistenza sanitaria,
della pace, della sicurezza… Ci sentiamo fragili e bisognosi
di tutto, oggi come al tempo delle folle del Vangelo, sbandate,
senza pastore.
Gesù sentiva il grido dei poveri e
insieme guardava la natura che, per chi sa ascoltare, parla come parlano gli
esseri umani. Contemplava la bellezza della natura, le stagioni che si
susseguono sempre, il sole che sorge ogni mattina… La natura insegna a sperare. Ammirava i fiori del
campo, umili e bellissimi, neanche un re è vestito bene come loro. Guardava
volare gli uccelli nel cielo: non mietono e non hanno granai eppure vivono
perché c’è chi dà loro il cibo di cui hanno bisogno. Il Padre del cielo si
prende cura degli uccelli e dei fiori e non si prenderà cura dei figli
dell’uomo?
Non siamo soli, ci ricorda Gesù, abbiamo un Padre che si occupa di noi e non ci vuole preoccupati:
pensa a tutto lui. «Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello
che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la
vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?». Spensierati: ci vuole come i bambini che non sono preoccupati per le loro
necessità, che sanno che pensano a tutto i genitori.
Non è l’invito ad essere incoscienti e
irresponsabili. Impegnati nel lavoro, certamente, che questo è il tuo comando.
San Paolo ammoniva i primi cristiani: «Chi non vuol lavorare neppure
mangi». Egli lavorava con le proprie mani per sostenere sé e il suo
ministero, così come Gesù ha lavorato nella bottega di Nazareth. Dobbiamo fare
tutta la nostra parte. Impegnati, ma non preoccuparti.
Dobbiamo piuttosto occuparci di un’altra
cosa, di ciò che davvero vale: cercare il Regno di Dio e la sua giustizia. Anche questo ci
aveva invitato, poco prima, a chiedere nel Padre nostro: «Venga il tuo regno».
Da quando Dio si è fatto «Emmanuele», il suo Regno è già presente in mezzo a noi, solo che non ce ne
accorgiamo. Si realizzi dunque in pienezza ciò che è già iniziato,
che Dio prenda pieno possesso della nostra esistenza, della storia, di ciò che
già gli appartiene, e instauri il mondo nuovo, trasformandoci in umanità nuova,
pienamente realizzata.
Cercare il Regno di Dio è lasciarsi guidare dall’amore di Dio, aderire al suo
progetto su di noi che Gesù ci ha manifestato con il suo Vangelo, accogliere e
mettere in pratica le sue parole.
Una volta che siamo liberi da
preoccupazioni, ansie e paure, perché ci fidiamo di Dio, possiamo lavorare con passione e creatività, con
tutte le nostre forze. La preoccupazione si converte in occupazione e ci
immergiamo nelle realtà sociali, civili, economiche, familiari per orientare
tutto al Regno di Dio, perché si compia il suo progetto d’amore su tutti e su
tutto, perché ogni realtà umana sia informata dal divino,
trasformata in amore e regni tra noi la giustizia, fatta di
fraternità, e la comunione.
Se credessimo davvero alle parole di
Gesù! Se sentissimo la presenza del Padre accanto a noi nel cammino della vita
e non vivessimo più come degli orfani, soli e abbandonati! Se davvero avessimo
fiducia nella sua provvidenza che giorno per giorno ha cura di ognuno di noi!
Se ci abbandonassimo al suo amore… Vivere il Vangelo sarebbe la
soluzione ai problemi economici e sociali, e il Padre ci donerebbe tutto in
sovrappiù.
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