Sabato pomeriggio gli "Incontri con i santi romani" ci ha portato nelle cemerette di san Luigi Gonzaga.
Con il gruppo di amici, una trentina, ci siamo prima intrettenuti nella sala Andrea Pozzo, dove tra l'altro c'è la prima cappelletta dove fu riposto il corpo di san Luigi. Insiame abbiamo ripercorso la vita di questo grande santo. Siamo poi saliti alle camerette.
Le “camerette” di san Luigi sono uno dei tanti tesori della Roma nascosta.
Dalla sacrestia della chiesa di sant’Ignazio un piccolo ascensore sale fin sul
terrazzo dell’antico imponente Collegio Romano, ora sede centrale del Ministero
per i beni e le Attività Culturali e del liceo classico statale Visconti. Da
lassù si apre l’elegante cortile porticato a due pieni.
Per supplire alla carenza di scuole pubbliche, Ignazio
nel 1551 aveva iniziato il collegio in una piccola casa in affitto situata
ai piedi del Campidoglio. Presto coprì tutto l'arco scolastico, dagli studi
elementari a quelli universitari, ponendosi in concorrenza con l’università la
Sapienza.
Dopo aver peregrinato per varie sedi il collegio approdò
a questo nuovo palazzo costruito appositamente negli anni 1580.
Sopra i due piani nobili delle aule, una modesta
costruzione, quasi una soffitta, ospitava gli scolastici gesuiti, che
studiavano sotto assieme ai laici e agli altri chierici.
Si entra nella grande sala comune, dove Luigi Gonzaga
e gli altri compagni passavano insieme i momenti di ricreazione. Il pavimento a
mattoni è lo stesso di allora, mentre pareti e volta sono state affrescate nel
1700. Tutto attorno i quadri che narrano la vita del santo.
Il primo lo ritrae bambino, vestito di bianco, con il
giglio in mano, come vuole l’iconografia classica, nell’atto di pronunciare il
suo voto di verginità, durante il soggiorno fiorentino, nella chiesa della
Santissima Annunziata.
I quadri che più attirano la mia attenzione sono
quelli che lo raffigurano mentre lava i piatti, concretezza di vita, e
soprattutto quello nel quale si carica sulle spalle l’appestato o ammalato di
tifo per portarlo in ospedale; un ospedale allestito dai Gesuiti in quella occasione
di contagio, ai piedi del Campidoglio, dove ora si trova la sede dei vigili
urbani (una targa lo ricorda ancora…).
Ultimo quadro: Maddalena dei Pazzi vede san Luigi
salire al cielo al momento della morte; i due si sarebbe conosciuti, bambini, a
Firenze... Roba da santi!
In questi ambienti sono vissuti anche studiosi di matematica e astronomia come Cristoforo Clavio (1538 –1612), che contribuì alla nascita del calendario gregoriano e dialogò a lungo con Galileo Galilei condividendone il metodo e le conclusioni; i padri Matteo Ricci e Domenico Zipoli, che tra 1600 e 1700 hanno guidato missioni di evangelizzazioni nel mondo con il linguaggio della musica e della scienza; Angelo Secchi (1818-1878), che diede vita all’osservatorio astronomico da cui è nata la Specola Vaticana.
La camera dove il Santo abitò fin dai primi del Settecento fu
trasformata in cappella e ornata: alle pareti le tele che San Roberto
Bellarmino commissionò per la stanza dell’infermeria dove Luigi morì e qui
portate dopo la distruzione di quella parte del Collegio.
Il quadro centrale lo ritrae mentre contempla il
crocifisso; dicono sia il quadro che più gli rassomiglia. Si custodiscono molti
oggetti da lui usati, con alcune lettere, manoscritti ed altre reliquie.
Nel crocifisso contemplava, come scrive egli stesso, «la bontà divina, mare
senza fondo e senza confini», davanti alla quale «la mia mente si smarrisce».
La purezza, per la quale san Luigi è famoso, non è fine a se stessa, serve
piuttosto per giungere ad avere lo sguardo puro che rende capace di riconoscere
il volto di Cristo.
È grazie allo sguardo puro dell’amore che san Luigi riconobbe Cristo nell’appestato
abbandonato ai margini della strada, se lo prese sulle spalle, lo portò
all’ospedale e ne rimase contagiato fino a morire.
Era spinto dall’amore stesso di Dio. «Il Dio che mi chiama – scriveva
ancora – è Amore, come posso arginare questo amore, quando per farlo sarebbe
troppo piccolo il mondo intero?».
Accanto al giglio occorrerebbe sempre tratteggiare anche la palma del
martirio; il giglio che si tramuta in palma.
Attraverso porte aperte durante i restauri settecenteschi si
accede a quella che ora è chiamata la Sacrestia, dove, a renderci più vicina la
figura del giovane Luigi, in una vetrina troviamo lettere autografe a familiari
e il Crocifisso che portò con sé quando entrò nella Compagnia di Gesù.
C’è poi la camera di San Giovanni Berchmans (Diest 1599- Roma
1621).
Sul lato destro si apre la porta d’accesso per gli studenti,
unica originaria, sopra la quale in una teca è conservata una veste del Santo.
Le decorazioni pittoriche del soffitto, della parte bassa delle pareti e alle
ante delle finestre hanno riacquistato luce e colore.
Anche la camera del venerabile Abraham Giorgi (gesuita
libanese tra i primi che tentarono di entrare in Etiopia, dove poi finì
decapitato nel 1595): sull’altare un ritratto di San Roberto Bellarmino,
direttore spirituale del Collegio e per un breve periodo Rettore. Alle pareti
ritratti dei primi Prepositi Generali della Compagnia: Sant’Ignazio, Pedro
Lainez, San Francesco Borgia. Bello l’inginocchiatoio del papa Pio IX.
Uscendo, vicino al tetto della chiesa si
intravede l’osservatorio astronomico del celebre padre Secchi, ancora chiuso ai visitatori.
Nella chiesa di sant’Ignazio l’altare di san Luigi, dove in un’urna si
racchiude il suo corpo. L’alto rilievo con la gloria del santo, disegnato
dal gesuita P. Pozzi, che fu insieme pittore, scultore, architetto, ed eseguito
dal Legros. Gli angeli gli sorreggono il giglio; altri gigli sono scolpiti
attorno, altri, freschi, sono nei vasi che adornano l’altare: il segno della
verginità, una virtù oggi poco apprezzata eppure preziosa perché apre il cuore
all’amore.
Mi domando tuttavia se non si poteva
scolpire anche una palma, almeno una piccola piccola. Sì, la palma del
martirio, perché san Luigi ha dato la vita per Gesù nei fratelli.
Nessun commento:
Posta un commento