venerdì 31 agosto 2018

Ad Assisi con Chiara Lubich



Il "Franciscanum" di Assisi
La Scuola Abbà ha terminato la sua trasferta assisana. Siamo stati preceduti, negli anni Quaranta, dalla fondatrice stessa della Scuola Abbà, Chiara Lubich, che è stata più volte ospite della stessa casa, il Franciscanum, dove siamo stati ospitati anche noi questi giorni.

Abbiamo ripreso in mano e letto insieme le pagine del libro delle Cronache del convento, che annotano quelle sue venute.


Ad una breve nota del 19 aprile 1947, nella quale viene data la notizia che «giunge da Roma il Revmo P. Leone Veuthey per attuare alcuni piani della Crociata di carità con una persona», ne fa seguito una lunga del 22 aprile:





«Giorno beato. Conversazione con una signorina, la fondatrice della Crociata della Carità messa in pratica, la sorella Chiara. Essa ci ha detto come possiamo mettere in pratica la Carità nelle relazioni con i compagni e i superiori del collegio. Nella sua parola infiammata, esatta, esposta bene anche letterariamente, abbiamo notato qualche cosa di divino. In questa giovane abbiamo sperimentato quanto sia vera la parola di Gesù: “Quando voi parlate di me dinanzi ai vostri fratelli non siete voi che parlate ma sono io che parlo in voi!”. Il suo aspetto? Ci richiamava un sacro rispetto che certamente non si sente dinanzi ad una creatura qualunque. Essa ha molto insistito sull’unità. Quest’unità bisogna che si formi col p. Spirituale e con i Superiori e poi con i compagni: “O unità o morte!” diceva essa. Ha battuto pure su un altro punto importante: usare bene del tempo presente. Riferendo il discorso della Lubich, la nota continua: «Perché pensare al passato, quando questo ormai è passato e non possiamo far niente perché sia passato? Perché progettare sul futuro, quando queste opere futuribili sono soltanto basate nel futuro e non quindi nella realtà? Osserviamo bene i termini: richiamando il passato noi ci turbiamo per quelle date azioni che non sono andate così bene, come noi avremmo voluto; ripensando anche ai peccati la nostra pace subisce quasi un turbamento, una scossa, starei per dire una sfiducia nella misericordia di Dio. Progettando sul futuro, noi entriamo in una questione che non ci appartiene, quindi ci appropriamo di una cosa, di cui solo Dio è l’arbitro di essa. Ricordiamo la parabola del ricco, che aveva accumulato beni per anni, nella notte sentì la tremenda parola: “Stolto, questa notte morirai!”. Pensando invece ad impiegare bene il tempo presente noi siamo nel campo giusto perché badiamo che l’azione compiuta sia degna di Dio, quindi osserviamo la giustizia. In ogni azione pensare al momento presente e compierla sempre per amore di Gesù, e per amore di colui che è datore dell’amore: lo S[pirito] Santo!».


Un cronista diverso annota, invece, il 1 agosto 1947: «È giunta da Trento Sorella Chiara per una intervista col “Focolare” di Assisi. Ci ha parlato per due ore. Come è persuasivo il suo esempio! L’amore vince ogni cosa: o l’Unità o la morte».



I testi sono ora accessibili nell’articolo pubblicato da L. Abignente, L'unità un comune sentire nello Spirito. Una riflessione sul rapporto tra Chiara Lubich e p. Leone Veuthey alla luce di documenti inediti, in "Miscellanea Francescana", 114 (2014), pp. 477-478.




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