Il "Franciscanum" di Assisi |
La
Scuola Abbà ha terminato la sua trasferta assisana. Siamo stati preceduti,
negli anni Quaranta, dalla fondatrice stessa della Scuola Abbà, Chiara Lubich,
che è stata più volte ospite della stessa casa, il Franciscanum, dove siamo stati ospitati anche noi questi giorni.
Abbiamo
ripreso in mano e letto insieme le pagine del libro delle Cronache del convento, che annotano quelle sue venute.
Ad
una breve nota del 19 aprile 1947, nella quale viene data la notizia che «giunge
da Roma il Revmo P. Leone Veuthey per attuare alcuni piani della
Crociata di carità con una persona», ne fa seguito una lunga del 22 aprile:
«Giorno beato.
Conversazione con una signorina, la fondatrice della Crociata della Carità
messa in pratica, la sorella Chiara. Essa ci ha detto come possiamo mettere in
pratica la Carità
nelle relazioni con i compagni e i superiori del collegio. Nella sua parola
infiammata, esatta, esposta bene anche letterariamente, abbiamo notato qualche
cosa di divino. In questa giovane abbiamo sperimentato quanto sia vera la
parola di Gesù: “Quando voi parlate di me dinanzi ai vostri fratelli non siete
voi che parlate ma sono io che parlo in voi!”. Il suo aspetto? Ci richiamava un
sacro rispetto che certamente non si sente dinanzi ad una creatura qualunque. Essa
ha molto insistito sull’unità. Quest’unità bisogna che si formi col p.
Spirituale e con i Superiori e poi con i compagni: “O unità o morte!” diceva
essa. Ha battuto pure su un altro punto importante: usare bene del tempo presente. Riferendo il discorso della
Lubich, la nota continua: «Perché pensare al passato, quando questo ormai è
passato e non possiamo far niente perché sia passato? Perché progettare sul
futuro, quando queste opere futuribili sono soltanto basate nel futuro e non
quindi nella realtà? Osserviamo bene i termini: richiamando il passato noi ci
turbiamo per quelle date azioni che non sono andate così bene, come noi avremmo
voluto; ripensando anche ai peccati la nostra pace subisce quasi un turbamento,
una scossa, starei per dire una sfiducia nella misericordia di Dio. Progettando
sul futuro, noi entriamo in una questione che non ci appartiene, quindi ci
appropriamo di una cosa, di cui solo Dio è l’arbitro di essa. Ricordiamo la
parabola del ricco, che aveva accumulato beni per anni, nella notte sentì la
tremenda parola: “Stolto, questa notte morirai!”. Pensando invece ad impiegare bene il
tempo presente noi siamo nel campo giusto perché badiamo che l’azione compiuta
sia degna di Dio, quindi osserviamo la giustizia. In ogni azione pensare al
momento presente e compierla sempre per amore di Gesù, e per amore di colui che
è datore dell’amore: lo S[pirito] Santo!».
Un cronista
diverso annota, invece, il 1 agosto 1947: «È giunta da Trento Sorella Chiara
per una intervista col “Focolare” di Assisi. Ci ha parlato per due ore. Come è
persuasivo il suo esempio! L’amore vince ogni cosa: o l’Unità o la morte».
I testi sono
ora accessibili nell’articolo pubblicato da L. Abignente, L'unità un comune
sentire nello Spirito. Una riflessione sul rapporto tra Chiara Lubich e p.
Leone Veuthey alla luce di documenti inediti, in "Miscellanea Francescana",
114 (2014), pp. 477-478.
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