Non avrei mai immaginato di celebrare la festa di san
Domenico nella basilica di santa Sabina, la chiesa nella quale visse e dalla
quale diffuse il suo ordine.
Una delle più belle basiliche romane. Edificata all’inizio
del 400 ha subito le più varie trasformazione, diventando anche fortezza dei
Savelli, la potente famiglia romane medievale. E proprio un Savelli, diventato
papa Onorio III la concesse a Domenico, di cui aveva approvato l’ordine.
San Domenico aveva vissuto un paio di anni a san Sisto
Vecchio, alle pendici del Celio, davanti a Caracalla. Così questa mattina,
presto, ho fatto subito una passeggiata fin lì. Ma forse era troppo presto e le
suore non mi hanno aperto. Domenico, su indicazione del Papa, aveva radunato in
quel convento diversi piccoli gruppi di monache sparsi qua e là per Roma, dando
vita alla Domenicane. Così era saluto a santa Sabina.
Adesso la basilica, dopo le trasformazioni barocche,
ha ritrovato la sua sobrietà ed eleganza che la fa una delle più belle.
Vi ho celebrato con le COMI, ricordando il carisma
della contemplazione che si traduce in annuncio evangelico. Ci siamo anche in
fondo alla chiesa, dove un frammento di colonna ricorda il luogo dove Domenico
passava la notte in preghiera, la sua contemplazione, che lo preparava a
trasmettere quanto aveva scoperto nella preghiera.
Poi nel convento, alla cella, ora trasformata in cappella, nella quale il santo ha
vissuto e dove si è incontrato con san Francesco, in quell’abbraccio che ogni
anno non manco di ricordare anche su questo blog, segno profetico della
comunione tra i carismi.
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