«Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il
Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui
che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come
quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in
eterno» (Gv 6, 51-58).
Il
tuo rapporto con il Padre è modello e chiave d’interpretazione del tuo rapporto
con noi: come il Padre conosce te e tu il Padre, tu conosci noi e noi
conosciamo te; come il Padre ama te, tu ami noi; come il Padre ti ha mandato
nel mondo, tu mandi noi; come tu e il Padre siete uno, vuoi che noi siamo uno.
Oggi,
più in particolare, riveli che hai la vita dal Padre: da sempre ti ha
generato, sei suo Figlio, vieni da lui e vai da lui, vivi di lui e vivi per
lui. Lo stesso gioco d’amore tra te e noi. Sei tu che ci generi con la tua
morte violenta, significata nella carne data da mangiare e nel sangue dato da
bere.
L’Eucaristia,
prefigurata nel pane appena moltiplicato per la folla, è il frutto della tua
vita completamente donata. In essa è contenuto il tuo primo atto di oblazione,
quando, entrando nel mondo, dicesti al Padre che venivi per compiere la sua
volontà. Essa contiene ogni altro tuo dono: l’acqua cambiata in vino, la vista
ai ciechi, la salute ai malati, le parole di vita… fino all’atto supremo: il
perdono ai crocifissori perché tutti fossimo perdonati, il paradiso al ladrone
perché il cielo si aprisse per tutti, l’abbandono del Padre perché nessuno
fosse più abbandonato, la morte perché tutti avessimo la vita.
Ma
non si può vivere di te se non si vive per te. Il Dono chiama dono, l’Amore
chiama amore, la Vita chiama la vita. Tu per noi, fino a dare la vita; noi per
te, fino a dare la vita: «chi mangia di me vivrà per me». Non si radicherebbe
in noi la tua vita, non porterebbe frutto se non ci fosse una risposta d’amore
che l’accoglie e che fa sprigionare una vita di donazione.
Vivere
significa “rimanere” in te – chi mangia di te, rimane in te e tu in lui –,
“rimanere” nel tuo amore, ossia nell’attuazione delle tue parole, del tuo
volere (cf. Gv 15, 10).
Rimanere:
un’azione apparentemente statica, a indicare comunione reciproca, stabile,
continua, che infonde pace, gioia, sicurezza, pienezza: tu in me, io in te.
Chiedi di rimanere, ma in questa domanda di reciproca immanenza, il primato è
tuo. Ciò che più vale è che tu sia in me: Dio in me, la Vita in me, il Cielo in
me, la tua Parola in me. Questa è la vita cristiana: lasciarti vivere in noi,
lasciare che tu possa continuare ad agire in noi e pregare, lavorare, amare, in
modo che anche noi, a nostra volta, possiamo informare con le tue leggi divine
la società nella quale viviamo. Tu trasformi noi in te e noi, fatti eucaristia
per il nostro mondo, potremo trasformarlo in cieli nuovi e terra nuova.
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