sabato 18 agosto 2018

Di te e per te


«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rima­ne in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangia­rono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6, 51-58).


Il tuo rapporto con il Padre è modello e chiave d’interpretazione del tuo rapporto con noi: come il Padre conosce te e tu il Padre, tu conosci noi e noi conosciamo te; come il Padre ama te, tu ami noi; come il Padre ti ha mandato nel mondo, tu mandi noi; come tu e il Padre siete uno, vuoi che noi siamo uno.
Oggi, più in particolare, riveli che hai la vita dal Padre: da sem­pre ti ha generato, sei suo Figlio, vieni da lui e vai da lui, vivi di lui e vivi per lui. Lo stesso gioco d’amore tra te e noi. Sei tu che ci generi con la tua morte violenta, significata nella carne data da mangiare e nel sangue dato da bere.

L’Eucaristia, prefigurata nel pane appena moltiplicato per la folla, è il frutto della tua vita completamente donata. In essa è contenuto il tuo primo atto di oblazione, quando, entrando nel mondo, dicesti al Padre che venivi per compiere la sua volontà. Essa contiene ogni altro tuo dono: l’acqua cambiata in vino, la vi­sta ai ciechi, la salute ai malati, le parole di vita… fino all’atto su­premo: il perdono ai crocifissori perché tutti fossimo perdonati, il paradiso al ladrone perché il cielo si aprisse per tutti, l’abban­dono del Padre perché nessuno fosse più abbandonato, la morte perché tutti avessimo la vita.

Ma non si può vivere di te se non si vive per te. Il Dono chiama dono, l’Amore chiama amore, la Vita chiama la vita. Tu per noi, fino a dare la vita; noi per te, fino a dare la vita: «chi mangia di me vivrà per me». Non si radicherebbe in noi la tua vita, non porte­rebbe frutto se non ci fosse una risposta d’amore che l’accoglie e che fa sprigionare una vita di donazione.
Vivere significa “rimanere” in te – chi mangia di te, rimane in te e tu in lui –, “rimanere” nel tuo amore, ossia nell’attuazione delle tue parole, del tuo volere (cf. Gv 15, 10).
Rimanere: un’azione apparentemente statica, a indicare comunione reciproca, stabile, continua, che infonde pace, gioia, sicurezza, pienezza: tu in me, io in te. Chiedi di rimanere, ma in questa domanda di reciproca immanenza, il primato è tuo. Ciò che più vale è che tu sia in me: Dio in me, la Vita in me, il Cielo in me, la tua Parola in me. Que­sta è la vita cristiana: lasciarti vivere in noi, lasciare che tu possa continuare ad agire in noi e pregare, lavorare, amare, in modo che anche noi, a nostra volta, possiamo informare con le tue leggi divine la società nella quale viviamo. Tu trasformi noi in te e noi, fatti eucaristia per il nostro mondo, potremo trasformarlo in cieli nuovi e terra nuova.


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