8 settembre 1990.
A Prato oggi è la Madonna della fiera! La festa più grande, assieme a quella di
santo Stefano. La città si riversa per le strade, ritrova i suoi colori
medievali, si veste in costume, fa suonare le chiarine e rullare i tamburi,
sventola i suoi stendardi. Sul pulpito di Donatello, all'angolo esterno della
facciata della cattedrale, sfilano paggi, prelati e autorità in grande
uniforme, fino al momento solenne quando il vescovo, paludato con i broccati
antichi, mostra al popolo adunato in piazza la preziosa reliquia del Sacro
Cingolo della Vergine. Ogni Pratese verace non può mancare all'Ostensione del
Sacro Cingolo. In fatto di fede ognuno è libero di mantenere le sue personali
convinzioni, ma non può non "credere" a questa reliquia. La
tradizione è tradizione e va rispettata!
A casa è festa nella festa. Ogni anno ricordiamo con
semplicità e affetto l'anniversario di matrimonio dei nostri genitori. Mi
rivedo quando, ancora ragazzo, la sera dopo l'Ostensione sono tornato a casa
con il mio primo mazzo di garofani. Anche quest'anno sono riuscito a non
mancare all'appuntamento.
Oggi la sorpresa me
l'hanno fatta trovare i genitori. Hanno abbattuto il muro divisorio tra due
stanze per farne una più grande. Perché una stanza grande proprio ora che tutti
i figli sono partiti da casa ognuno per la sua strada? Perché ogni tanto
vogliono riaverli nuovamente accanto, solo che adesso ci sono anche i generi, i
nipoti… La famiglia si è fatta grande e non c'entriamo più nel vecchio tinello.
Hanno comprato anche una tavola nuova, lunga, capace di raccoglierci attorno.
Eccoci qua questa sera di festa, tutti assieme.
È una tavolata chiassosa. Ognuno ha la sua da raccontare.
Prima tocca a me, sottoposto a interrogatorio di quarto grado, perché vengo da
lontano: "Che si dice a Roma? Come sta il Papa?…". Poi le notizie dei
parenti. Quindi i più piccoli, che hanno sempre un episodio carino successo
durante l'estate o l'anno scorso a scuola.
A metà cena si procede già a ruota libera. Conversazioni
fitte, intrecciate, condite di risate improvvise. Ormai è tutto un parlottio
festoso.
Due persone soltanto rimangono in silenzio: il babbo e la
mamma. Lui è seduto a capotavola, mite, con un sorriso lieve lieve a fior di
labbra, aureolato nei suoi capelli bianchi. Lei gli siede accanto e da lì si
muove discreta tra la cucina e la tavola, in un perpetuo servizio di cui non si
avverte il peso ma soltanto la gioiosa premura.
Non hanno niente da dire, loro?
Hanno da ascoltare. O meglio, da godersi la famiglia. Non è
tanto importante quello che noi abbiamo da dirci. Per loro è importante che
siamo insieme, affratellati da amore sincero, senza ombre. Mi pare di capire
che per loro è il momento di gioia più intenso: vedere la famiglia unita.
Non posso fare a meno di pensare che anche Dio è padre, è
madre. Forse anche per lui il momento di maggiore gioia sarà vedere i figli
suoi uniti, che si vogliono bene. Anche lui ha abbattuto un muro che divideva i
popoli per fare di tutti uno. E il Cielo? Non ci ha detto che sarà una grande
tavola dove ci sederemo tutti insieme, proprio come questa sera qui in casa?
Sarà seduto a capotavola proprio come ora mio papà, e ci servirà proprio come
fa ora mia mamma. E non dirà niente. Sarà tutto intento a godersi la famiglia.
Posso dargli gioia fin d'ora, radunandogli attorno, a
tavola, quanti incontro, fratello di tutti, tutti affratellando. Non ho altra
missione.
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