Sono apparsi gli atti del simposio tenuto lo scorso anno al Claretianum su "Teologia e teologie della Vita Consacrata", dove, tra l'altro appare il mio contributo: Criticità di
alcune teologie della vita consacrata e ricerca di nuove teologie, in Teologia e teologie della Vita Consacrata, p. 163-188.
Eccone l'inizio:
La grande svolta impressa
dal Concilio Vaticano II alla teologia della vita religiosa è stata subito
colta dai commentatori e recepita dalla feconda letteratura apparsa a ridosso
del Concilio. Si è trattato di una produzione rivolta soprattutto all’interno
degli Istituti di vita consacrata, che ne sono stati quasi esclusivamente i
fruitori. Mentre la Costituzione dogmatica Lumen
gentium collocava la trattazione di questa porzione del popolo di Dio nel
cuore della proposta ecclesiologica, la riflessione teologica al riguardo è
rimasta marginale nell’ampio e vivace panorama della teologia postconciliare
nelle sue varie ramificazioni.
Eppure il Concilio aveva
segnato un autentico cambiamento di prospettive. La vita religiosa fino ad allora
era considerata espressione della virtù della religione (da cui il stesso nome,
mantenuto dal Concilio), letta soprattutto nell’ottica della rinuncia e
indirizzata all’osservanza regolare. I Concili precedenti ne parlavano soprattutto
in ambito della disciplina ecclesiastica, dedicandole decreti di riforma. Ora
le veniva riconosciuto un preciso statuto teologale ed ecclesiale, in quanto
appartenente alla natura profonda della Chiesa come mistero e come comunione.
Ricollocati in tal modo all’interno dell’unico popolo di Dio, religiose e
religiosi non venivano più considerati né come un élite né come una componente
marginale, ma coinvolti alla medesima sequela di Cristo, in un comune cammino
di santità. Nell’ambito dell’universale chiamata alla santità (LG V) veniva loro riconosciuta la
missione di segno e modello (LG VI).
Il decreto Perfectae caritatis aveva completato il
profilo della Lumen gentium
evidenziando l’elemento dinamico della vita consacrata, sia nella sequela di
Cristo, sia nel cammino esistenziale storico. Veniva colta in maniera positiva la
molteplicità delle forme come frutto dell’azione dello Spirito nella Chiesa;
veniva richiesta una continua attenzione ai segni dei tempi come fattore
inerente la storicità carismatica; veniva proposta una antropologia teologica
positiva sui voti e sulla vita fraterna in comune.
Il Concilio aveva così
offerto un contributo arricchente alla teologia della vita religiosa nel suo
carattere teologico, cristologico, pneumatologico, ecclesiologico ed
escatologico.
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