giovedì 22 settembre 2016

Criticità di alcune teologie della vita consacrata


Sono apparsi gli atti del simposio tenuto lo scorso anno al Claretianum su "Teologia e teologie della Vita Consacrata", dove, tra l'altro appare il mio contributo:  Criticità di alcune teologie della vita consacrata e ricerca di nuove teologie, in Teologia e teologie della Vita Consacrata, p. 163-188. 
Eccone l'inizio:

La grande svolta impressa dal Concilio Vaticano II alla teologia della vita religiosa è stata subito colta dai commentatori e recepita dalla feconda letteratura apparsa a ridosso del Concilio. Si è trattato di una produzione rivolta soprattutto all’interno degli Istituti di vita consacrata, che ne sono stati quasi esclusivamente i fruitori. Mentre la Costituzione dogmatica Lumen gentium collocava la trattazione di questa porzione del popolo di Dio nel cuore della proposta ecclesiologica, la riflessione teologica al riguardo è rimasta marginale nell’ampio e vivace panorama della teologia postconciliare nelle sue varie ramificazioni.
Eppure il Concilio aveva segnato un autentico cambiamento di prospettive. La vita religiosa fino ad allora era considerata espressione della virtù della religione (da cui il stesso nome, mantenuto dal Concilio), letta soprattutto nell’ottica della rinuncia e indirizzata all’osservanza regolare. I Concili precedenti ne parlavano soprattutto in ambito della disciplina ecclesiastica, dedicandole decreti di riforma. Ora le veniva riconosciuto un preciso statuto teologale ed ecclesiale, in quanto appartenente alla natura profonda della Chiesa come mistero e come comunione. Ricollocati in tal modo all’interno dell’unico popolo di Dio, religiose e religiosi non venivano più considerati né come un élite né come una componente marginale, ma coinvolti alla medesima sequela di Cristo, in un comune cammino di santità. Nell’ambito dell’universale chiamata alla santità (LG V) veniva loro riconosciuta la missione di segno e modello (LG VI).
Il decreto Perfectae caritatis aveva completato il profilo della Lumen gentium evidenziando l’elemento dinamico della vita consacrata, sia nella sequela di Cristo, sia nel cammino esistenziale storico. Veniva colta in maniera positiva la molteplicità delle forme come frutto dell’azione dello Spirito nella Chiesa; veniva richiesta una continua attenzione ai segni dei tempi come fattore inerente la storicità carismatica; veniva proposta una antropologia teologica positiva sui voti e sulla vita fraterna in comune.

Il Concilio aveva così offerto un contributo arricchente alla teologia della vita religiosa nel suo carattere teologico, cristologico, pneumatologico, ecclesiologico ed escatologico.

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