Egli è la luce che brillava sul volto di Mosè, la luce che
brillava sul volto di Gesù sul Tabor, la luce che brillava sul volto dei
martiri, la luce che brilla sul volto dei santi.
La luce dello Spirito Santo
vuole illuminare anche noi e fare anche di noi persone “luminose” perché
introdotte nella luce della conoscenza di Dio. Ci rende capaci di
contemplazione – dove contemplazione, come insegna S. Francesco di Sales, “altro
non è che un’amorosa, semplice, permanente attenzione dello spirito a Dio e
alle cose di Dio” (Timoteo, IV, 3, 5).
Con l’amore egli riversa nei cuori la gioia, l’istinto del
bene, della bellezza, della sapienza. È lui che ci fa dire sempre: “Che
bello!”, che ci porta sempre nell’incanto.
Con la sua luce ci aiuta a interpretare i segni dei tempi e
cogliere il valore profondo degli avvenimenti, gli aneliti del cuore umano, ad
aprire nuove frontiere, ad amare il mondo, a elaborare risposte nuove a domande
ed esigenze nuove… Dona il discernimento che ci fa comprendere spontaneamente, quasi
istintivamente, ciò che appartiene alla fede da ciò che non le appartiene, ciò
che è secondo il disegno di Dio e ciò che è solo frutto di progetto umano, ciò
che è bene e ciò che è male.
Ci rende familiari con Dio e con tutto il mondo del divino, dà quell’intelligenza delle cose divine che la ricerca intellettuale o l’acutezza
dell’intelligenza da sole non potrebbero mai dare. È la conoscenza dell’amore. “Avanzate
per la carità infusa nei vostri cuori dallo Spirito santo che vi è stato dato –
scrive S. Agostino – ... Non si può amare una cosa che si ignora completamente;
ma se si ama ciò che si conosce anche molto poco l’amore lo fa conoscere meglio
e più pienamente” (In Ioan., 96, 4).
La conoscenza diventa sapienza, dove “non si tratta di conoscenza, ma di godimento...,
non di scienza, ma di esperienza, non di vista, ma di gusto e di assaporamento”
(Francesco di Sales, Timoteo, VII, 5).
Chi è illuminato dallo Spirito Santo può divenire a sua
volta luce per gli altri e aiutarli ad entrare nella luce, a “vedere” con
gli occhi di Dio.
Da Cesena mi giunge la testimonianza di una professoressa: “Oggi
qua per tanti ennesimo giorno di lavoro. Sono giorni surreali, mai vista una
catastrofe del genere, mai viste così tante persone (amici, colleghi ed
estranei) che hanno perso tanto. Eppure c’è una lietezza di fondo. Tanti alunni
mi hanno scritto in questi giorni che da tanto non si sentivano così contenti,
così pieni… - è possibile prof?!"
Lei risponde con un testo di Italo Calvino, da Le città
invisibili: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno,
è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo
stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a
molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.
Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e
saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo
durare, e dargli spazio"
Non so se quei ragazzi sono cristiani, certamente sono “spirituali”,
animati dallo Spirito Santo, perché soltanto lo Spirito sa far coglier il bello nel brutto,
ciò che non è inferno in mezzo all’inferno. E' la luce dello Spirito Santo quella che brilla sul volto di quei ragazzi.
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